«Ho vissuto in Africa dodici anni della mia vita » esordisce così Paola Vismara, che per la Diocesi di Bolzano-Bressanone si occupa della cooperazione con gli enti di accoglienza per migranti in Alto Adige. Conosciuta nella comunità altoatesina per presentare ogni anno la Festa dei Popoli e per curare dal 2004 la rubrica sulle migrazioni “Rubrimmi”, Paola Vismara è ora alla sua prima pubblicazione con “Fuggire per non morire”, edito dalla casa editrice Curcu & Genovese Associati di Trento. Ha presentato il romanzo presso il Centro Coscienza di Bolzano.
«Quando Papa Francesco ha dedicato la giornata del rifugiato ai Minori non accompagnati, sono stata a Casa Rossa, struttura per minori gestita dall’associazione Volontarius» spiega Vismara, che lì ha conosciuto quello che nel romanzo viene chiamato con il nome fittizio di René.
«In struttura avevano bisogno di qualcuno che conoscesse il francese per aiutare René nel racconto della sua storia, che sarebbe servita alla commissione territoriale per valutare la sua richiesta di asilo politico. Avevo timore perché ho subito capito che ogni dettaglio della storia sarebbe potuto essere decisivo e non è facile far parlare un ragazzo dei propri traumi» spiega Vismara.
René è uno dei 25.846 minori non accompagnati arrivati via mare nel 2016. Si tratta di ragazzi che partono da soli, ma anche ragazzi che inizialmente sono partiti con le famiglie e poi si sono ritrovati abbandonati perché i genitori sono stati uccisi o catturati durante il viaggio.
Nato in un piccolo villaggio del Togo, la storia di René non ha a che fare con una guerra, ma con una questione familiare. «A tredici anni in René viene insinuato il dubbio che quello che conosce come suo padre possa non esserlo e la famiglia reagisce con una serie di riti sciamanici per togliergli il malocchio». Questi riti sono molto presenti nelle culture del Togo e del Benin, ma René decide di ribellarsi. Nel 2013 si sposta nella capitale Lomé, dove vive sulla strada per circa un anno, poi si sposta ad Agadez in Niger e attraversa il deserto di Tenéré, parte del Sarah. Il deserto di Ténéré, che in lingua tuareg significa “vuoto”, è stato ampiamente raccontato anche dal giornalista Fabrizio Gatti.
«René viaggia su un furgone ammassato a molte altre persone più grandi di lui. Arriva in Libia nella primavera del 2014 e ci rimane due anni passando per le città di Sebha, Tripoli e Sabrata, ma si ritrova in un paese devastato dalla guerra civile ed è così costretto ad abbandonarlo». È così che René finisce per prendere la via per l’Italia su un mezzo più simile a un canotto che a una barca.
«René di quel viaggio ricorda la nave bianca della Guardia costiera e fa riflettere che la prima cosa che mi abbia detto è che “Non avevano armi”, visto che fino ad allora ne aveva incontrati solo di armati». Dettaglio ancora più significativo se pensiamo che oggi, a differenza di allora, le navi della guardia costiera ospitano a bordo anche uomini armati.
Giunto in Sicilia, per il piccolo René comincia l’odissea italiana, che lo porta a Milano, a Vittorio Veneto e infine a Bolzano, dove viene trovato in stazione nel maggio 2016 dagli operatori del Servizio di Assistenza Umanitaria, un servizio che vedeva allora collaborare Volontarius, Caritas e Croce Rossa.
«Se penso alla storia di René, mi viene in mente il gioco dell’oca» spiega Vismara «Molte volte, dopo aver trovato lavoro, si ritrova a ricominciare da capo, ma comunque in un cammino di speranza: oggi René lavora part-time e frequenta le scuole serali. Il suo sogno? Andare all’università».
“Fuggire per non morire” è un libro scritto in una forma che lo rende accessibile a tutti. In corsivo riporta le parole di René tradotte dal francese. «Ho cercato di ricreare un ambiente da salotto accogliente, aperto e luminoso, per permettere a René di sentirsi a proprio agio a ogni nostro incontro. Poi gli ho regalato due quaderni. In quello scuro gli ho chiesto di scrivere i ricordi e i pensieri brutti, in quello chiaro quelli belli. In testa ho sempre avuto Liliana Segre, lei ci ha messo quarantacinque anni per raccontare le sue esperienze».
Vismara non risparmia qualche provocazione: «René non è fuggito da una guerra. Ma ha senso distinguere fra migranti politici ed economici di fronte alla vita di un bambino? Oggi si etichetta tutto, ma io difendo il diritto a vedere la vita con tutte le sue sfaccettature, nella sua realtà più profonda. E dobbiamo tutti, noi, lo Stato, la Chiesa, aprire le nostre porte».
È dal 2000 che in Alto Adige esistono delle strutture dedicate ai minori non accompagnati. Fino a oggi sono stati incontrati ragazzi dagli 8 ai 17 anni, all’inizio provenivano dall’Europa dell’Est, dal Maghreb e dall’Asia centro-occidentale, mentre dal 2012 il flusso ha coinvolto anche i paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Il responsabile per l’area minori e famiglie di Volontarius Simone Bracalente spiega: «Oggi gestiamo quattro strutture per i minori non accompagnati, la ultima ha aperto a Merano lo scorso dicembre e ospita quindici minori. Abbiamo sempre bisogno di volontari che dedichino il loro tempo ai ragazzi. È anchegrazie ai volontari se la maggior parte dei progetti che abbiamo seguito hanno avuto un buon fine».
Ma i tempi cambiano e anche le leggi dell’accoglienza. Oggi le procedure per il tipo di permesso di soggiorno che è stato concesso a René sarebbero molto più complesse. Secondo l’Unhcr dal primo gennaio al 31 marzo del 2019 sono sbarcate in Italia 524 persone, delle quali il 18% sono minori – in gran parte non accompagnati. Cosa succede oggi a tutti i piccoli René che arrivano in Italia?

Autore: Luca De Marchi
L'articolo è tratto da Fuggire per non morire. La storia vera di un “minore non accompagnato” africano e cristiano. Autrice Paola Vismara.




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Fuggire per non morire

«Ho vissuto in Africa dodici anni della mia vita » esordisce così Paola Vismara, che per la Diocesi di Bolzano-Bressanone si occupa della...
Nei primi tre mesi del 2019, sono circa 16mila i migranti e rifugiati che nei primi tre mesi del 2019 sono arrivati in Europa attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo anche se ciò rappresenta una lieve diminuzione rispetto allo stesso periodo del 2018, la percentuale di bambini è aumentata da 1 arrivo su 5 a 1 su 4, sottolinea l’Unicef. 
Il numero totale di bambini giunti sulle coste europee in questi mesi è di 3.800; questi si aggiungono ai circa 41.000 bambini già presenti nelle strutture di accoglienza in Grecia, Italia e Balcani all’inizio del 2019. 
In soli tre mesi del 2019, 365 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo, oltre il 60% del numero totale di vittime registrate in tutto il 2018. Fra gennaio e marzo 2019 l'Unicef ha raggiunto circa 4.480 bambini con gli interventi di protezione dell'infanzia e circa 1.950 minorenni non accompagnati a ricevere cure e protezione in Italia, in Grecia e nei Balcani. 
Altri 15.850 bambini hanno frequentato regolarmente le attività d'istruzione formale e informale supportate dall'Unicef, mentre circa 1.100 persone hanno avuto accesso a servizi per la prevenzione e la risposta alla violenza di genere.

Molti giovani migranti e rifugiati che hanno compiuto il viaggio verso l'Europa hanno vissuto violenze e abusi, con conseguenze sul loro benessere psicologico e fisico. In particolare in Italia, quasi tutte le donne e le ragazze arrivate hanno riportato di essere sopravvissute a forme di violenza sessuale o di genere. Una ricerca recente ha rilevato che anche gli uomini e i ragazzi sono spesso vittime di violenza sessuale in mano a gruppi armati, mentre sono rapiti o imprigionati, soprattutto in Libia.

Fra gennaio e marzo 2019 l’Unicef ha raggiunto circa 4.480 bambini con gli interventi di protezione dell’infanzia e circa 1.950 minorenni non accompagnati a ricevere cure e protezione in Italia, in Grecia e nei Balcani. Altri 15.850 bambini hanno frequentato regolarmente le attività d’istruzione formale e informale supportate dall’Unicef, mentre circa 1.100 persone hanno avuto accesso a servizi per la prevenzione e la risposta alla violenza di genere. “Molti giovani migranti e rifugiati che hanno compiuto il viaggio verso l’Europa hanno vissuto violenze e abusi, con conseguenze sul loro benessere psicologico e fisico – si legge in un comunicato dell’Unicef –. In particolare in Italia, quasi tutte le donne e le ragazze arrivate hanno riportato di essere sopravvissute a forme di violenza sessuale o di genere. Una ricerca recente ha rilevato che anche gli uomini e i ragazzi sono spesso vittime di violenza sessuale in mano a gruppi armati, mentre sono rapiti o imprigionati, soprattutto in Libia”. Per il 2019 l’Unicef chiede agli organismi internazionali 27,5 milioni di dollari necessari per fornire aiuti e assistenza a migranti e rifugiati in Europa; di questi 12,4 per la protezione dell’infanzia e 9,4 per l’istruzione.
Foto: Bambini figli di migranti curdi in un campo profughi nel nord della Francia - ©Denis

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I Minori Stranieri non Accompagnati

Unicef: “nei primi tre mesi del 2019 arrivati in Europa via mare 3.800 bambini. Una persona su quattro è minorenne”

Nei primi tre mesi del 2019, sono circa 16mila i migranti e rifugiati che nei primi tre mesi del 2019 sono arrivati in Europa attraverso l...
I minori non accompagnati che hanno fatto richiesta  d'asilo in UE nel 2018 sono stati 19.740. Sono i dati pubblicati da Eurostat.

Quattro su dieci hanno presentato domanda in Germania e in Italia, rispettivamente:
- Germania (4.085; 21% del totale);
- Italia (3.885; 20%).

Entrambe i Paesi si confermano anche per il 2018 la principale meta, seppur con un drastico calo rispetto al 2017.
-  6120 richieste di asilo di minori non accompagnati in meno in Italia (-61%)
- 5000 in meno in Germania (-55%).

La diminuzione delle domande di asilo segnano un ritorno ad un liivello inferiore a quello del 2014, anno in cui si era evidenziato un primo aumento rispetto al 2008-2013.

I minori non accompagnati hanno rappresentato il 10% dell’insieme dei richiedenti asilo con meno di 18 anni nell’Unione, e sono arrivati soprattutto da Afghanistan (16%), Eritrea (10%), Pakistan e Siria (7% ciascuno).






Minori non accompagnati che hanno fatto richiesta d'asilo in UE nel 2018

I minori non accompagnati che hanno fatto richiesta  d'asilo in UE nel 2018 sono stati 19.740. Sono i dati pubblicati da  Eurostat . ...
La Jungle di Calais, anche dopo gli sgomberi, ha continuato ad esistere, sotto altre forme, perché esiste ancora il motivo della stessa esistenza di un campo come quello francese.

Da qualche giorno, come riportato dal The Guardian, diversi minori rifugiati a Calais, hanno iniziato lo sciopero della fame. A far scaturire la protesta sono i ritardi nei trasferimenti verso il Regno Unito.

La lunga attesa della decisione dell'Home Office ha spinto un minorenne a tentare il suicidio.

Calais è un limbo in cui molti minori si trovano a dover fare i conti con il tritacarne della burocrazia.

Funzionari dell'Agenzia per i Rifugiati delle Nazioni Unite hanno espresso forti preoccupazioni per la salute di almeno 35 minori non accompagnati bloccati a Calais.

La maggior parte provengono dall'Afghanistan. Hanno presentato richieste di ricongiungimento familiare, come da regolamento Dublino III, ma le decisioni ho ancora non sono arrivate o hanno impiegato in alcuni casi anche 16 mesi, quando il provvedimento dovrebbe essere adottato entro due mesi.

Il Guardian ha potuto leggere delle mail dell'UNHCR che recita:"In particolare, è emerso che lo stato mentale e psicologico dei bambini si era deteriorato nelle ultime settimane, tra cui il caso di un bambino che ha tentato il suicidio e 15 minori che stanno attualmente facendo lo sciopero della fame. Siamo stati informati che alcuni dei minori stavano aspettando da diversi mesi, e probabilmente da un anno, per la conferma di accettazione e per il trasferimento nel Regno Unito.”

Un'altra email al Ministero degli Interni delle autorità francesi recita: "Riceviamo notizie molto preoccupanti dall'UNHCR in merito ad alcuni casi di minori non accompagnati. Temiamo seriamente per la salute mentale e fisica, nonostante la qualità del supporto che ricevono dalle autorità locali in Francia.”

"Tutti sono in procinto di ricongiungersi con la propria famiglia in base alla legge Dublino III, e hanno aspettato per alcuni mesi o addirittura un anno per alcuni, una risposta alle loro richieste o per un effettivo trasferimento nel Regno Unito.

"A causa di questi eccessivi ritardi, il loro stato mentale si è considerevolmente deteriorato: un bambino ha cercato di uccidersi la settimana scorsa e altri sono in sciopero della fame".

Le e-mail forniscono un'istantanea sulle condizioni disperate incontrate dai ragazzi che arrivano a Calais, avendo compiuto viaggi insidiosi attraverso l'Europa dal Medio Oriente, dall'Asia meridionale e dall'Africa.

Come Funziona il Regolamento di Dublino III.

In base al regolamento Dublino III, la Francia invia una "richiesta di presa in carico" al Regno Unito per indicare che il minore vuole ricongiungersi con un familiare nel Regno Unito.

Le autorità britanniche hanno due mesi per rispondere. Se la richiesta viene accettata, avranno quindi sei mesi per effettuare il trasferimento.


Yvette Cooper, presidente del comitato ristretto per gli affari interni, ha dichiarato: "Queste rivelazioni sono scioccanti e inquietanti. Adolescenti e bambini che sono da soli, ma hanno una famiglia qui in Gran Bretagna che può prendersi cura di loro, non dovrebbero essere bloccati a causa di una burocrazia lunga e tortuosa.”

"Le autorità britanniche e francesi devono agire insieme e accelerare queste decisioni e questi processi in modo che i giovani vulnerabili non debbano deprimersi o essere sfruttati."

"I giovani rifugiati e richiedenti asilo hanno spesso già subito un enorme trauma, e ora abbiamo dei minori che fanno lo sciopero della fame e alcuni di loro hanno tentato perfino il suicidio nei campi profughi in Europa a causa dei lunghi ritardi e dell'incertezza sulle decisioni sul loro futuro.”

"Più e più volte abbiamo sollecitato la Gran Bretagna e la Francia ad accelerare il sistema. Nessun minore vulnerabile dovrebbe rimanere bloccato ad aspettare da solo nei campi fino a un anno, quando potrebbero stare con la famiglia, in una casa sicura o a scuola ".

"Al momento di decidere se consentire ai minori di unirsi alla famiglia nel Regno Unito, il governo sta regolarmente superando i limiti di tempo consentiti dalla legge europea", ha detto Eleanor Harrison, rappresentante di Safe Passage, un'organizzazione che fornisce supporto legale ai migranti.
"Purtroppo, i ritardi evidenziati in questo caso non sono eccezionali. Molti minori che potrebbero ricostruire la loro infanzia con la loro famiglia sono invece spesso bloccati nel limbo per un anno o più."

"Ovviamente è necessario assicurarsi che il ricongiungimento familiare sia nel miglior interesse del bambino, ma chiaramente i loro interessi non vengono raggiunti se ritengono di non avere altra scelta che continuare lo sciopero della fame o tentare il suicidio.”

"Una ricerca di Safe Passage ha rilevato che alcuni bambini hanno avuto un’attesa di 16 mesi per il ricongiungimento familiare in Europa - questi ritardi eccessivi aumentano il rischio di fuga, cercare metodi pericolosi per attraversare le frontiere, come saltare sul retro di un camion o affidarsi ai contrabbandieri.”

"Invitiamo il governo a rispettare i suoi obblighi internazionali e assicurare che i bambini siano trasferiti nel Regno Unito in modo sicuro e il più rapidamente possibile".

Le cifre ufficiali mostrano che soltanto 450 minori non accompagnati richiedenti asilo sono arrivati ​​nel Regno Unito dall'inizio del 2015 in base al regolamento Dublino III.

Leonardo Cavaliere

C’era una volta la Jungle di Calais?

La Jungle di Calais, anche dopo gli sgomberi, ha continuato ad esistere, sotto altre forme, perché esiste ancora il motivo della stessa e...
I movimenti dei minori stranieri non accompagnati alle frontiere settentrionali è un volume  di studio e di proposta dell'Autorità Garante per l'Infanzia e l'adolescenza  che rileva le criticità e propone soluzioni e raccomandazioni a tutti gli attori sociali coinvolti nella tutela dei minori non accompagnati.

Il volume analizza tutti quei minori, perlopiù tra i 13 e 17 anni, che arrivano in Italia e che a volte raggiungono i confini settentrionali della Penisola, con la volontà di superarli. A volte li hanno superati e sono stati respinti.

Le criticità sono di due tipi: 
  • quelle di sistema e 
  • quelle specifiche dei singoli territori. 
Tra le criticità di sistema si rileva:
  • Il fatto che non sono previste strutture di accoglienza di confine per ospitare i minori transitanti.
  • Non sono stati adottati i decreti attuativi della legge 47/2017.
  • Le informazioni, in particolare sui diritti e doveri, forniti ai minori al loro arrivo in Italia, risultano lacunose. Tale incompletezza d'informazioni e/o la lacunosità delle stesse aumenta in maniera esponenziale il rischio di divenire preda di reti criminali.

Per far fronte alle esigenze immediate, scaturite da un ciclo di audizioni tenutesi dal 3 al 5 ottobre scorsi con le istituzioni e gli operatori attivi, in particolare, sulle frontiere a Ventimiglia, Bardonecchia, Como e Chiasso, in provincia di Bolzano e a Trieste, l’Autorità ha formulato raccomandazioni specifiche per rendere efficace il sistema di protezione dei minori non accompagnati in generale, per l’accoglienza, per i meccanismi di ricongiungimento familiare, di rimpatrio volontario assistito, di relocation e per la tutela volontaria.

Le raccomandazioni dell’Autorità garante:

  • Le istituzioni competenti sono state sollecitate a garantire un’informazione capillare e uniforme su tutto il territorio nazionale – anche attraverso opuscoli ad hoc tradotti in più lingue – destinata ai minori stranieri non accompagnati, relativa ai diritti di cui sono titolari e alle opportunità che il sistema italiano offre loro. 
  • Definire la figura del mediatore culturale e incoraggiarne la formazione, prevendendone la presenza obbligatoria nei centri di accoglienza e durante i pattugliamenti delle frontiere settentrionali. 
  • Prevedere centri di transito per minori stranieri non accompagnati nelle zone interessate dai movimenti e di provvedere a un’equa distribuzione dei ragazzi sul territorio nazionale in modo da garantire a ciascuno di loro un tutore volontario.



Leonardo Cavaliere

Foto MSF

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