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«Il comportamento delle autorità priva dei diritti legati alla minore età». A dirlo non è un’organizzazione non governativa, ma per la prima volta l’ordinanza di un tribunale francese. 

Le pratiche di respingimento immediato dei minori stranieri non accompagnati verso l’Italia sono illegittime. 

Il 22 gennaio il tribunale amministrativo di Nizza ha imposto di ristabilire i diritti di un bambino di dodici anni.
Dieci giorni prima era stato fermato dalla polizia francese e rispedito su un treno per Ventimiglia. In mano solo un foglio con scritto refus d’entrée.

Bambini privati della possibilità di parlare con un interprete o un mediatore, di chiamare parenti cui potrebbero ricongiungersi o di presentare richiesta di asilo, persino perquisiti, lasciati nudi davanti agli adulti

Accade ai nostri confini dove le autorità francesi, svizzere e austriache procedono sistematicamente alla riammissione, violando norme come la Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, il codice delle frontiere Schengen, il regolamento europeo Dublino III e la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, quella volta a tutelare il supremo interesse del minore: la legge più ratificata e più disattesa.

A denunciarlo è l’organizzazione umanitaria INTERSOS che, insieme a Open Society, ha condotto uno studio monitorando per mesi le frontiere italiane. 

A Ventimiglia, mentre la Francia invoca l’emergenza e di proroga in proroga continua a tenere il confine sigillato, migliaia di bambini sono costretti a tornare indietro. 
«Appena sto meglio riparto, stavolta ce la farò». Ahmed ha sedici anni e la forza di crederci ancora. E’ partito dal Ciad e vuole arrivare a Marsiglia. «Manca poco, sono solo due ore e quaranta minuti di auto», spiega. Per riabbracciare l’amico di famiglia che lo aspetta si è nascosto su un treno, ha camminato lungo i binari a piedi. Per sei volte ed è sempre stato respinto, senza avere nemmeno capito il perché. Ha tentato anche una nuova via tra gli scogli, ma è scivolato ed è caduto in acqua. «Non so nuotare, ma volevo arrivare a Marsiglia», ammette. L’ha salvato un pescatore francese che, forse temendo di essere incriminato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, invece di chiamare l’ambulanza, ha contattato prima la polizia. L’hanno medicato all’ospedale di Mentone e rispedito di nuovo in Italia.
«Sono ancora vivo, sono  fortunato. Però non mi hanno spiegato niente dei fogli che mi hanno lasciato in ospedale, cosa c’è scritto?» chiede guardandosi la gamba fasciata.

I bambini che ritornano vengono ospitati in un campo gestito dalla Croce Rossa. E’ per adulti, ma ha dovuto aprire le porte anche a loro, nonostante la legge italiana lo vieti. 
Molte organizzazioni, da Unicef a Oxfam, hanno espresso forte preoccupazione per la situazione e ai primi di dicembre hanno scritto alprefetto di Imperia chiedendo l’apertura di una struttura ricettiva temporanea per i minori stranieri non accompagnati, a più di quattro mesi dalla sospensione dei lavori decisa in seguito alla contestazione di alcuni cittadini.
La Francia è a pochi passi, basta solo superare il confine e allora la notte alcuni bambini tentano il ‘sentiero della morte’ che da Grimaldi alta arriva a Mentone. La mattina quasi tutti tornano indietro, malconci, con le ginocchia sbucciate e i vestiti strappati. Sono quelli che non ce l’hanno fatta, ma che domani ci proveranno ancora. Magari più a Nord. Nonostante nevichi e alla stazione dei treni di Bardonecchia sia ben visibile il cartello ‘pericolo’, perché attraversare le montagne nel pieno dell’inverno può costare la vita. Si mettono in marcia sul ciglio della strada, su per il valico del colle della Scala a oltre 1.700 metri. Con i pantaloni uno sopra l’altro e le scarpe di tela. Le Alpi, ultimo ostacolo da superare. Nei primi nove mesi del 2017, dal valico di Chiasso, sono state rimandate indietro 13.543 persone in attuazione di un accordo bilaterale firmato a Roma nel 1998 che prevede una procedura semplificata. 
L’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione ha però registrato molti casi di minori riammessi, nonostante la loro volontà di presentare domanda di protezione internazionale, dichiarata persino in forma scritta.
Pur di attraversare il confine si nascondono nei bagni, nelle intercapedini dei sedili e qualcuno disperato s’è aggrappato persino al tetto del treno ed è rimasto folgorato a metà della galleria di Monte Olimpino. Non c’è modo di passare, i controlli sono ferrei. Berna ha schierato anche droni e rilevatori termici. «Ci sono muri che non riesci a vedere, ma sono molto alti», riflette Ibrahim. seduto sul ciglio della strada, le mani a coprire gli occhi gonfi.  E alla fine anche i ragazzini smettono di sognare. A quindici anni. Con un laccio della felpa e la corda della tuta.
Più a est, al Brennero, la polizia austriaca, come più volte segnalato da parte di migranti e associazioni, applica a tutti indistintamente la sanzione amministrativa per ingresso irregolare. Per chi non ha soldi, rivela il rapporto INTERSOS: «procede al sequestro di oggetti di valore, fra cui i telefoni cellulari, tenuti in garanzia sino al pagamento dell’importo». Segue identificazione, acquisizione delle impronte digitali e rinvio forzato in Italia, senza alcun documento che lo attesti. E senza che nessuno lo spieghi.

Sono oltre 62 mila i bambini soli arrivati in Italia negli ultimi sei anni. Tra quelli censiti uno su quattro non si trova più. Uno su tre nel 2017. Scappano per raggiungere altri paesi europei, in molti casi per riunirsi ai familiari. Per altri la fuga è la conseguenza della interminabile lentezza delle procedure che li forza a muoversi verso il confine per allontanarsi dalla disperazione. A questo va aggiunta la decisione di interrompere il programma di relocation che ha portato, secondo Save the Children, più di 380 minori ad attendere ancora di essere ricollocati in altri paesi nelle condizioni ritenute migliori per loro dai tribunali dei minori. Bloccati senza futuro, respinti indietro alla casella di partenza. La decisione del Tribunale di Nizza segna un passo in avanti importante per molti minori. Non per il dodicenne eritreo per cui è stato promosso il ricorso. Lui prima dell’esito ha fatto perdere le tracce, mosso dalla sfiducia. Bambini abbandonati, costretti in molti casi a riaffidarsi ai trafficanti o a rischiare la propria vita pur di varcare i confini di un’Europa unita dall’insensibilità e dalla violazione dei diritti.
Scarica il rapporto INTERSOS
Foto: TheGuardian

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I Minori Stranieri non Accompagnati

Minori migranti, pedine del gioco dell'Oca

« Il comportamento delle autorità priva dei diritti legati alla minore età » . A dirlo non è un’organizzazione non governativa, ma per la...

Ismail ha solo 17 anni, ma si è già lasciato alle spalle un viaggio infernale attraverso il deserto e il Mar Mediterraneo. Ha sfidato la morte, pur di fuggire dall’Eritrea ed è arrivato in Italia, da solo, nell’aprile 2016. In base a quanto previsto dal programma europeo direlocation, di distribuzione, ha chiesto di essere trasferito in Svizzera dove già vive un fratello maggiore. Nel frattempo, anche i suoi fratellini (10 e 14 anni appena) sono riusciti ad arrivare in Italia. Ismail li raggiunge e decide di portarli a Como: da lì spera di poter passare la frontiera e chiedere asilo in Svizzera. Ma al valico di Chiasso, i tre fratelli vengono respinti, per ben cinque volte. Stesso destino per Mussie, 16 anni: voleva raggiungere il fratello, che in Svizzera ha ottenuto lo status di rifugiato. Dopo ben quattro tentativi andati a vuoto, il ragazzino si presenta alle guardie di frontiera con una dichiarazione di voler presentare domanda di protezione internazionale. Di nuovo, non ha potuto chiedere asilo ed è stato rimandato in Italia.

Due storie di frontiere sbarrate e di diritti negati contenute nel dossier realizzato da Asgi (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e dall’associazione svizzera 'Firdaus' in cui si denunciano numerose violazioni della normativa vigente sul diritto d’asilo da una parte e dall’altra della frontiera che separa Como da Chiasso. «Tra luglio e agosto le autorità svizzere hanno effettuato quasi 7mila riammissioni in Italia di cittadini stranieri, di cui almeno 600 hanno riguardato minori non accompagnati », denunciano le due associazioni.

Si tratta di persone che sono state fermate dalle autorità elvetiche e che sono state rimandate in Italia per ingresso o soggiorno irregolare. Tornando così ad affollare il parco davanti alla stazione ferroviaria di Como dove, da settimane, vivono diverse centinaia di migranti (400-500), prevalentemente eritrei ed etiopi.

Particolarmente gravi le violezioni dei diritti dei minori non accompagnati, stigmatizzate nel rapporto: la maggior parte dei ragazzini rimandati in Italia, infatti, «non è stata collocata in strutture di accoglienza per minori, né per essi risulta essere stato nominato un tutore, secondo quanto previsto dalla legge», denuncia il rapporto.

«Quasi tutti i migranti che abbiamo ascoltato riferiscono di non aver mai ricevuto adeguate informazioni riguardo a tali diritti e più in generale sulla protezione internazionale, né all’arrivo in Italia né successivamente – spiega Anna Brambilla dell’Asgi –. Sia alle frontiere italiane che a quelle svizzere si riscontra una grave carenza di servizi di informazione e orientamento legale, oltre che di interpreti delle lingue maggiormente diffuse tra questi migranti». Inoltre, in base alle informazioni raccolte, molte delle persone respinte hanno un familiare a cui ricongiungersi una volta varcata la frontiera. Pertanto, in base a quanto previsto dal Regolamento Dublino, avrebbero diritto a riabbracciare i propri familiari.

«Dal nostro punto di vista, il diritto di chiedere asilo non è stato e non sarà garantito se ciascuna delle persone respinte dal confine svizzero non potrà nuovamente esprimersi sulla propria volontà di chiedere protezione internazionale alla Svizzera», aggiunge Lisa Bosia Mirra, presidente dell’associazione Firdaus.

Dal canto suo, la polizia di frontiera svizzera ha risposto precisando che i migranti vengono ascoltati da un agente che deve valutare le intenzioni del soggetto (se vuole chiedere asilo o meno) ma in questa fase non è prevista la presenza di mediatori. Al termine di questo colloquio è l’agente a decidere se la persona è realmente intenzionata a chiedere asilo o meno. Il respingimento – infatti – avviene sulla base di un accordo bilaterale siglato tra Roma e Berna nel 1998, che prevede anche una procedura semplificata per la riammissione dello straniero rintracciato nella zona di frontiera che non vuole chiedere asilo in Svizzera. Ancor più difficile, a questo punto, capire come mai Robiel e Ismail, che volevano raggiungere i propri familiari residenti nei cantoni elvetici, siano stati rimandati in Italia.
Fonte: Avvenire.it;
Autore: Ilaria Sesana

Report Asgi - Scaricalo qui


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