Anyway, we have hope

Il filo spinato che circonda il campo di Calais
Venerdì 3 giugno, secondo giorno di viaggio. Entriamo per la prima volta nel campo di Grande Synthe, comune della città di Dunkerque, grazie all’aiuto di Hortense, operatrice di Medici Senza Frontiere (MSF). Il campo è il frutto di una proficua collaborazione tra il Comune di Grande Synthe, Damien Carème, e MSF.
Da giugno 2015 a settembre 2015 il numero dei migranti è aumentato in maniera esponenziale, da 700 a 2800. Il comune ha deciso di agire, ha capito che era il momento di soccorrere quei migranti che dormivano sotto le piante, che erano costrette a camminare nel fango più profondo. Ha deciso quindi di rivolgersi allo stato: è possibile avere dei finanziamenti per costruire un campo in cui i migranti possano avere accesso all’acqua, al cibo e all’elettricità? Lo Stato non solo non ha offerto questo finanziamento, ma ha anche proposto di cacciare via tutti quei migranti, in quanto irregolari. La municipalità non riusciva a sopportare questa distinzione così discriminatoria tra cittadini regolari e i clandestini: siamo tutte persone e in quanto persone abbiamo dei diritti. Il comune ha deciso, quindi, di continuare con il suo progetto: il sindaco ha chiesto una mano a MSF per la realizzazione di questo campo. Il 12 gennaio sono partiti i lavori e sono terminati due mesi dopo circa. Il costo totale della struttura è di 3 milioni e mezzo (1 milione e mezzo del comune e 2 milioni di MSF).
MSF e il comune hanno deciso di adottare una politica del “Free Entry”: tutti possono entrare liberamente, non ci sono state né perquisizioni né richieste di lasciare le impronte. Tutti si devono sentire accolti. Accesso libero vuol dire anche che molte associazioni e molti privati possono entrare per aiutare i migranti: distribuiscono beni di prima necessità e forniscono un valido aiuto psicologico, soprattutto alle persone che hanno delle gravi ferite che hanno bisogno di parlare e di raccontarsi.
Anyway I have hope, un messaggio di speranza nel campo di Grande Synthe

Quando siamo entrati, il campo era vuoto e spento: “dove sono le persone?” ci siamo chiesti. “Stanno dormendo nelle tende” ci ha risposto Hortence. Eppure non siamo entrati di notte, era intorno alle 10. “Stanno dormendo perché come ogni notte cercano di salire sui camion per poter raggiungere l’Inghilterra”, ci spiega Hortense dopo aver visto le nostre facce stranite. Elena, una volontaria italiana che adopera presso la scuola del campo, ci ha spiegato: “Un giorno è entrata una bambina. Puzzava tantissimo di alcol. Sicuramente l’hanno sedata, per poterla far dormire e riuscire dunque a salire sul camion”.
Dopo quest’esperienza così forte e toccante, siamo andati a trovare un collaboratore del sindaco di Grande Synthe, Philippe Druesne, che ci ha spiegato la storia del comune e come questa ha influito sulla costruzione del nuovo campo. Dunkerque ha una popolazione migrante da anni, in quanto 2 o 3 generazioni fa chi ci abitava era proveniente da paesi stranieri (circa il 98%). Questo ha facilitato molto l’accettazione della popolazione dei migranti e la successiva costruzione del nuovo campo. Non ci sono mai stati grossi litigi o manifestazione nei loro confronti, ma accettazione e tolleranza. Questo ovviamente non è avvenuto a Calais, dove un’amministrazione estremamente conservatrice ha favorito la chiusura mentale e la non-accettazione dei migranti; anzi, vengono ritenuti dei criminali, se non dei terroristi. La paura più grande è che questa ghettizzazione (del campo di Dunkerque, ma anche e soprattutto del campo di Calais) si trasformi in discriminazione e violenza.
Dopo un panino veloce, siamo andati a trovare l’associazione “Secours Catholique”, la Caritas Francese. Ci hanno ospitato non solo gli operatori, ma anche un ventina di migranti che ci hanno accolto con grande gioia. È stato bello avere uno scambio di idee, di informazioni e di attività che noi a Bergamo e loro a Calais compiono di fronte al tema della migrazione.
La Giungla, così viene denominata il campo di Calais, contiene 4000 migranti. Il compito principale di Secours Catholique è l’assistenza primaria (distribuzione di coperte, vestiti, beni alimentari) e consulenza psicologica. Inoltre, offrono consulenza a tutte le persone che vogliono richiedere l’asilo in Francia: danno consigli su ciò che c’è da fare e, quando è necessario, fanno anche da mediatori tra gli avvocati (in tutto sono 10) e i migranti richiedenti asilo.
La chiesa ortodossa costruita nella Giungla

Secours Catholique, inoltre attua un progetto denominato “Famille d’accueil”: intorno al territorio di Calais ci sono circa 100 famiglie disposte ad ospitare per un breve periodo migranti che hanno bisogno di allontanarsi dalla Giungla. Oltre a queste famiglie la Caritas francese offre un centro d’accoglienza per persone che hanno bisogno di riflettere sul proprio futuro. L’intento principale di queste attività è di fare famiglia, di collaborare e di rimanere uniti anche nelle difficoltà.
Il pomeriggio si è concluso con l’intervento di qualche giovane migrante, che hanno espresso la loro immensa gratitudine per quello che facciamo, ma ha lamentato come noi fossimo dei pesciolini in un oceano immenso: la realtà che hanno visto in Italia non è frutto di ospitalità, di cura e di accoglienza, anzi, di violenza da parte della polizia e assenza di assistenze mediche.
È stato molto toccante osservare come la passione e la solidarietà dominassero questi scambi di esperienze. Nessuno sembrava arrabbiato: un clima di rispetto e di accettazione reciproca era alla base di ogni intervento. 
Dopo aver ascoltato con grande attenzione gli operatori di Secours Catholique, siamo entrati nella Jungle.
 La differenza con il campo di Grande Synthe è palese: l’ambiente è molto più dinamico, movimentato; nessuno era fermo. Troviamo inoltre la presenza di molte attività commerciali: si è costruita una città all’interno della città. Non solo, vi sono biblioteche, librerie, una chiesa e una moschea. Citando Chiara, l’assistente dell’On. Spinelli: “è incredibile come la resilienza umana funzioni e adoperi in situazioni di completa povertà e miseria”.


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