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L'Onu chiede alla Spagna di modificare il protocollo per minori stranieri non accompagnati e di garantire la loro identificazione alla frontiera, per assicurare l'accesso al procedimento di asilo. Sono le conclusioni del Comitato di Diritti del Bambino delle Nazioni Unite, che si è pronunciato in merito alla situazione dei minori che giungono a Ceuta e Melilla e sulle coste andaluse, dopo aver verificato l'applicazione della Convenzione internazionale dei diritti del Bambino da parte della Spagna.

I membri del Comitato si dicono "preoccupati per i respingimenti alla frontiera di minori che hanno bisogno di protezione internazionale", realizzati "senza le necessarie garanzie". Per cui, esortano le autorità spagnole "a porre fine alla pratica" delle 'devolution' automatiche, "assicurandosi che tutti i procedimenti e standard siano in accordo con lo status dei bambini e con la legislazione nazionale e internazionale". Una preoccupazione che contrasta con la posizione dei governi di Ceuta e Melilla, che avevano proposto di snellire ulteriormente le procedure per i respingimenti a caldo dei minorenni stranieri non accompagnati (Mena), per "dare risposte alla gravissima problematica" che interessa le due enclavi, come aveva evidenziato la scorsa settimana il sindaco-presidente di Ceuta, Juan Jesus Vivas. "Il Comitato è preoccupato per l'impiego di metodi per determinare l'età dei minori, anche in casi in cui i documenti di identità sembrano autentici e nonostante l'intervento della Corte Suprema", ha affermato uno dei membri, Gehad Madi, rendono noto i media iberici. L'esperto ha fatto riferimento alle misurazioni antropometriche e radiologiche per determinare l'età dei minori migranti, spesso fatte "in maniera automatica", nonostante lo scarso affidamento dei risultati, "mai precisi", con la conseguenza che "ci sono bambini trattati come adulti e non lo sono". Per Luis Pedernera, un altro esperto del Comitato Onu, il problema maggiore consiste nel fatto che, intanto che si realizzano gli esami per l'accertamento dell'età, "i minori sono rinchiusi assieme agli adulti" nei centri di detenzione temporanea, e questo desta nell'organismo delle Nazioni Unite "una grande preoccupazione" con il rischio che "cadano nelle reti della tratta di persone". Il Comitato dell'Onu esorta le autorità spagnole ad "assicurare l'effettiva protezione legale dei minori in tutto il territorio iberico". E denuncia "gli alti livelli di violenza" e "il trattamento e la protezione inadeguati da parte dei professionisti dei centri di accoglienza dei minori", attestato da "esposti di prostituzione di bambine, accesso insufficiente all'educazione regolare e alle attività del tempo libero", oltre alla "mancanza di meccanismi di denuncia", perché le violenze possano essere investigate. "Alcuni dei centri per minori non accompagnati realmente non rispondono agli standard, sono oltre il doppio della loro capacità e questo deve cambiare, con l'istallazione di strutture adeguate", ha sollecitato nelle conclusioni Gehad Madi. (AnsaMed)

Onu a Spagna,minori a frontiere Ceuta-Melilla vanno tutelati

L'Onu chiede alla Spagna di modificare il protocollo per minori stranieri non accompagnati e di garantire la loro identificazione alla...
La organización no gubernamental Save The Children ha organizado para este verano un campamento destinado a 120 menores extranjeros no acompañados en Melilla, dentro de sus actividades en España para menores desfavorecidos.

Más de 2.300 niños, de entre 3 y 18 años y en riesgo de pobreza o exclusión social, participarán en los campamentos y colonias urbanas de verano organizados por de Save the Children en casi una decena de ciudades españoles.

Barcelona, Cádiz, Lérida, Madrid, Melilla, Sevilla, Toledo, Valencia y Vitoria acogen los campamentos organizados por esta ONG, que, destaca en una nota de prensa.

El objetivo principal es "ofrecer a los niños más vulnerables una alternativa de ocio y tiempo libre educativo que favorezca su desarrollo de manera integral, su descanso y su diversión", señala el portavoz de Save the Children Alejandro Benito.

Muchas familias en situación de riesgo de pobreza o exclusión social no pueden pagar estas actividades para sus hijos, una situación que hace que los menores se sientan discriminados por no poder disfrutar de sus vacaciones como otros niños de su edad.

Los campamentos y colonias tienen un impacto "muy positivo" para mitigar los efectos de baja autoestima y estigmatización generados por la situación de pobreza en la que se encuentran, asevera la ONG, que lleva organizando esta actividad desde 1995.

Save the Children aprovecha para recordar que el 41,8 por ciento de los menores españoles no puede permitirse ir de vacaciones al menos una semana al año.

"Uno de los motivos por los que realizamos las colonias y campamentos es la conciliación de la vida familiar y laboral" dado que hay muchas familias que, aun teniendo empleo, siguen estando bajo el umbral de la pobreza y no pueden costear estas actividades, lamenta Benito.

Además, se trata de "espacios seguros" donde los niños pueden desarrollarse a través de actividades de ocio saludable y educativo, evitando que estén solos o en entornos poco amigables para ellos", añade.

Y con el objetivo de dar respuesta a la malnutrición infantil, estos campamentos proporcionan al menos una comida completa al día a los niños.

Esta campaña cuenta con la colaboración de CaixaProinfancia, el Ayuntamiento de Barcelona; el de Leganés (Madrid); el de Illescas (Toledo) y el Ministerio de Sanidad, Servicios Sociales e Igualdad a través de la convocatoria de ayudas IRPF. Fonte: http://www.diariosur.es/agencias/andalucia/201706/26/save-children-organiza-campamento-997781.html


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I Minori Stranieri non Accompagnati

Save The Children organiza un campamento para 120 menores no acompañados

La organización no gubernamental Save The Children ha organizado para este verano un campamento destinado a 120 menores extranjeros no aco...
Più che una città, Melilla potrebbe essere definita una frontiera che è, anche, una città. L’enclave spagnola in terra marocchina si presenta come una fortezza militarizzata circoscritta per l’intero suo perimetro da alte barriere, filo spinato e azioni di controllo e di polizia, tra le più arbitrarie e discrezionali. Il nemico numero uno di Melilla pare essere rappresentato dai migranti: migranti da tenere fuori ad ogni costo e con ogni mezzo.

La gestione delle frontiere melillesi incarna a perfezione la politica d’asilo spagnola ( e quella di esternalizzazione delle frontiere europea). Come di recente denunciato anche dal CEAR - Comisión Española de Ayuda al Refugiado- la protezione a coloro che provengono da paesi diversi dalla Siria è limitata al massimo.
Poiché ai valichi di frontiera viene consentito il passaggio verso la Spagna quasi esclusivamente ai rifugiati siriani, a quelli che provengono dall’Africa sub-sahariana non rimane che oltrepassare il confine scavalcando la recinzione multipla che lo delimita.
Tuttavia, neppure questo tentativo estremo è sufficiente a garantire l’accesso al diritto d’asilo. Infatti, la legge di sicurezza cittadina del 2015, modificando quella organica sull’immigrazione che garantiva il diritto di richiesta d’asilo nelle zone di confine, ha sancito che tutti gli ingressi effettuati attraverso i punti di frontiera diversi dai valichi ufficiali, siano da considerarsi irregolari e quindi oggetto di provvedimenti di espulsione diretta.
I cosiddetti “respingimenti a caldo”  che sono stati così legittimati da tale legge, e che sono in totale violazione con il principio di non refoulement, avvengono attraverso le porte di servizio impiegate per la manutenzione delle recinzioni che delimitano il confine. In tal modo non rimane alcuna traccia degli ingressi e delle tante persone a cui è stato negato il diritto d’asilo, de jure e de facto.

L’inespugnabilità di queste frontiere euro-africane costringe migliaia di migranti di origine sub-sahariana a tentare la ancor più pericolosa rotta della Libia oppure a vivere, anche per anni, nelle foreste di Nador, la città marocchina che confina con Melilla. Tra queste persone che vivono in condizioni estreme, nell’estenuante attesa di riuscire a fare ingresso in Europa, ci sono moltissimi minori stranieri non accompagnati.
Anche per loro l’unico modo di entrare è quello di tentare il grande salto della barriera…costi quel che costi! Considerate le violenze perpetrate dalla gendarmeria e, data la pericolosità stessa delle recinzioni metalliche (sulle quale si rischia di rimanere agganciati anche giornate intere o scenderne feriti o mutilati)  il prezzo di questi salti, spesso, risulta essere molto alto.

Si stima che i minori stranieri non accompagnati presenti a Melilla siano circa 500 e che circa un centinaio di loro viva per strada. Le ONG che lavorano sul terreno denunciano da anni il grave stato di abbandono in cui vivono.
Vengono chiamati fijos del Marruecos per via della provenienza geografica della maggior parte di loro, il cui passaggio della frontiera è agevolato dagli accordi che intercorrono tra i due stati confinanti e  che prevedono il solo possesso del passaporto. In alcuni casi questi ragazzini vengono accompagnati dagli stessi genitori che, non essendo in grado di provvedere al loro sostentamento ed istruzione, si augurano così, di garantir ai propri figli un futuro migliore in Europa.

I centri di accoglienza dedicati ai minori sono caratterizzati da condizioni di sovraffollamento e di grave mancanza di tutti quei servizi che dovrebbero essere previsti a garanzia dei loro diritti di protezione, educazione e  accompagnamento all’autonomia.
Con il pretesto di una permanenza teoricamente transitoria e funzionale al trasferimento sulla penisola iberica (e quindi all’ inserimento effettivo entro un progetto di accoglienza) a questi minori non viene garantito neanche il diritto allo studio. Anche se, in realtà, la loro permanenza a Melilla si protrae, nella maggior parte dei casi,  fino al compimento della maggiore età, quasi nessuno di loro  viene iscritto a scuola. E, una volta compiuti i diciotto anni verranno espulsi.

Tale fallace sistema di accoglienza favorisce il fenomeno dei niños della calle, i minori stranieri non accompagnati che abitano per strada.
Vivono mesi interi nella zona del porto e sperano di riuscire a raggiungere l’Europa agganciandosi o nascondendosi su uno dei  tir che si imbarca sui traghetti in partenza, ogni notte, verso Malaga.
Passano le giornate mendicando per le vie del centro e dormono nella zona della scogliera rimanendo così  esposti a qualsiasi pericolo per la loro salute e incolumità fisica, e facilmente, finiscono nelle mani della malavita locale. Non hanno accesso alle cure e vengono criminalizzati dalla comunità cittadina che li percepisce come un pericolo per la sicurezza delle strade. Per tale ragione, la Guardia Civile organizza ciclicamente delle vere e proprie retate, con tanto di impiego di elicottero, al fine di “liberare” la zona del porto dalla loro presenza e riaccompagnarli nei medesimi centri da cui sono scappati e dai quali si allontaneranno nuovamente. 
Attraverso le testimonianze raccolte dalle diverse associazioni  che si occupano di tutela dei minori, si capisce come alla base della scelta di questi ragazzi che fuoriescono dal sistema di accoglienza ci siano le insostenibili condizioni di vita nei centri, i maltrattamenti psicologici e fisici che vi vengono perpetrati e la consapevolezza di essere destinati a passare in queste strutture lunghi periodi, senza mai ricevere alcun documento e senza mai essere trasferiti sulla penisola iberica. Sono inoltre consapevoli del fatto che, quasi tutti loro, al pari dei connazionali adulti, una volta divenuti maggiorenni saranno espulsi in Marocco.

Ho incontrato i niños della calle, una sera di Marzo, unendomi ai volontari di un’associazione di Melilla che quotidianamente si occupa di andare a distribuire loro del cibo.
Ci hanno raggiunto in piccoli gruppi, fino ad arrivare ad essere circa una sessantina; tutti di un’età compresa tra i 14 e i 20 anni.
I più giovani sono stati gli ultimi ad arrivare, sembravano essere i più stanchi ed infreddoliti e dimostravano al massimo 10 anni, anche se affermavano di averne 14.
Alcuni di questi ragazzi apparivano evidentemente stremati e rimanevano in silenzio, altri si sono resi subito utili ad aiutare la distribuzione del cibo e si sono mostrati ben disposti al dialogo.
Le loro città di provenienza:  Agadir , Oujda, Fez. Il loro sogno: l’Europa del Nord, dove poter raggiungere parenti o realizzare il “business” per “diventare ricchi” e mantenere le loro famiglia in Marocco.
C’era chi prima di partire andava ancora a scuola, chi lavorava già da qualche anno oppure cercava lavoro. Parlavano del proprio paese con amore e amarezza e in molti hanno annuito alla frase di Ahmed, che ha descritto il  Marocco come “un posto bello, ma dove se non hai soldi non mangi”.
Le conversazioni con questi ragazzi duravano solo qualche minuto, era poi sufficiente un attimo di distrazione per non ritrovare più alcuni di loro e poi scorgerli nel gruppetto che si accingeva a raggiungere l’area del porto in cui sostano i tir che attendono di imbarcarsi.
Si sono allontanati in silenzio, come richiamati da un dovere, senza  neppure congedarsi prima di andare a “tentare la sorte”, forse perché fin troppo consapevoli dell'alta probabilità di dover ritornare indietro e riunirsi al gruppo.
Alcuni di loro hanno raccontato di aver provato ad imbarcarsi per ben 15 volte in 5 mesi.

La condizione di vulnerabilità in cui sono relegati i minori stranieri non accompagnati a Melilla è allarmante.
Lo scorso febbraio, l’eurodeputata Marina Arbiol ha  denunciato lo stato di abbandono e il fatto che dietro al prolungarsi dei tempi di permanenza presso le strutture di accoglienza ci sarebbe il tentativo del governo di raggiungere accordi di riammissione con il Marocco, anche per i minori stranieri non accompagnati, affermando che, quanto avviene a  Melilla è il riflesso della nefasta politica migratoria dello stato spagnolo.

Nefasta si può definire l’intera politica migratoria dell’Unione Europea, nei cui Stati e sulle cui frontiere, sempre più esternalizzate, vengono legittimate numerose prassi che ledono la dignità e il rispetto dei diritti fondamentali di donne, uomini e bambini, e che tradiscono gli stessi principi e ideali di eguaglianza, libertà e solidarietà su cui essa si fonda e per i quali è nata.
  
Giovanna Vaccaro


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Melilla, la città dai confini europei nel continente africano.

Più che una città, Melilla potrebbe essere definita una frontiera che è, anche, una città . L’enclave spagnola in terra marocchina si pre...
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