Il nuovo report della ong OXFAM rivela come il numero di minori non accompagnati arrivati nel 2016 sulle nostre coste sia raddoppiato: erano 13.705 a fine luglio contro i 12.360 in tutto il 2015. Sono 5.222 i bambini dichiarati “scomparsi” nei primi sei mesi dell’anno.
Il numero di bambini migranti e rifugiati non accompagnati arrivati quest’anno in Europa attraverso l’Italia è raddoppiato. A fronte però di un sistema di accoglienza che non riesce a fornire loro il supporto necessario. A rivelarlo è il nuovo rapporto di Oxfam “Grandi speranze alla deriva”,diffuso oggi.
Basti pensare che ogni giorno 28 bambini non accompagnati semplicemente “scompaiono” a causa di un sistema inefficace e inadeguato. Molti di loro si ritrovano confinati per un tempo indeterminato in centri da cui non possono uscire, costretti a vivere in alloggi inadeguati e insicuri, senza informazioni sui loro diritti. Altri hanno parenti in altri paesi europei e non vogliono fermarsi in Italia. Inevitabili le conseguenze. In diversi fuggono dai centri di accoglienza e si ritrovano a vivere per strada, trovandosi così esposti a rischi ancora maggiori. Un quadro che mette in evidenza l’inadeguatezza dell’approccio europeo e italiano al fenomeno migratorio.
L’Italia porta d’Europa: il 15% degli arrivi è di minori non accompagnati
Dopo la chiusura della la rotta dei Balcani occidentali e l’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia, l’Italia si è ritrovata ancora una volta ad essere il principale punto di accesso per i migranti diretti in Europa. Molti di loro sono minori arrivati da soli. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’UNHCR, il numero di bambini non accompagnati arrivati in Europa è aumentato significativamente nel 2016, fino a rappresentare il 15% di tutti gli arrivi.
Alla fine di luglio, secondo l’UNHCR erano ben 13.705 i minori non accompagnati sbarcati in Italia: un numero maggiore del totale di quelli arrivati nel 2015 (12.360 bambini).
Nonostante l’impegno della società civile e di molti comuni e regioni, il sistema di accoglienza italiano appare ancora inadeguato a tutelare i bambini non accompagnati e i loro diritti. I centri hotspot, ad esempio, realizzati dall’Unione europea e dalle autorità italiane per registrare i nuovi arrivi e velocizzare le procedure di respingimento ed espulsione, si trovano in una condizione cronica di sovraffollamento e non offrono servizi adeguati, nemmeno dal punto di vista igienico-sanitario. Già, perché mentre il soggiorno massimo negli hotspot dovrebbe durare 48-72 ore, molti ragazzi finiscono per rimanere bloccati per settimane, spesso senza potersi cambiare i vestiti (nemmeno la biancheria intima) e senza poter chiamare la loro famiglia a casa o i parenti in Europa.

Urgente l’azione congiunta di Italia ed Europa

Oxfam chiede perciò alle autorità italiane e ai partner europei di intervenire immediatamente per garantire ai minori non accompagnati alloggi adeguati e sicuri e il supporto di cui necessitano per poter vivere in modo dignitoso.
“La drammatica situazione a cui sono sottoposti i minori non accompagnati in Italia mostra chiaramente l’incapacità dei governi europei e delle autorità italiane di proteggere i bambini che arrivano in cerca di sicurezza e dignità. – spiega la direttrice delle campagne di Oxfam Italia, Elisa Bacciotti - Dimostrando ancora una volta il fallimento dell’approccio europeo che affida le responsabilità di gestione di una frontiera comune soltanto a pochi paesi. L’Europa deve restare unita nell’accogliere le persone che fuggono da conflitti, persecuzioni e da situazioni divenute ormai insostenibili”.
Il racconto dei ragazzi arrivati da soli attraverso il Mediterraneo
La maggior parte dei bambini che arrivano da soli via mare sulle coste italiane, provengono da Egitto, Gambia, Eritrea, Nigeria e Somalia. Fuggono da gravi situazioni di conflitto, insicurezza e povertà.

“Ho lasciato il Gambia con mio fratello un anno fa. ­-racconta O., 16 anni, originario del Gambia – Nel mio paese non ero più sicuro, la polizia ci minacciava. Alcuni dei nostri vicini erano stati uccisi durante scontri a fuoco. (…) Siamo partiti su un gommone con altre 118 persone. Dopo alcune ore c’è stato come uno scoppio, un incendio: nella confusione mio fratello è scivolato in acqua. Non l’ho rivisto più. Aveva dato a me il suo giubbotto di salvataggio.”
La situazione nei centri di prima e seconda accoglienza, dove i minori vengono trasferiti dopo la registrazione, in molti casi non è migliore degli hotspot: spesso i ragazzi vengono trattenuti senza possibilità di uscire. Oxfam ha raccolto anche testimonianze che raccontano di minacce e violenzeignorate dai gestori dei centri.
“All’interno del centro di Pozzallo c’è anche un gruppo di somali maggiorenni che si comportano male con noi eritrei, picchiandoci ed insultandoci – racconta D., ragazzo eritreo di 17 anni -Nonostante le nostre ripetute segnalazioni alla polizia e agli operatori del centro, i somali continuano, e nessuno fa niente.”
Circa il 40% dei minori non accompagnati è di fatto bloccata in Sicilia, spesso nei piccoli comuni di approdo: è l’effetto di una normativa nazionale che limita fortemente la possibilità che altre regioni italiane condividano la responsabilità dell’accoglienza di questi bambini e ragazzi, precludendo loro la possibilità di essere ospitati in strutture e contesti più attrezzati e dignitosi - continua Bacciotti - Occorre superare questo stato di cose: l’Italia deve dare vita a un sistema nazionale in grado davvero di garantire ai bambini non accompagnati alti standard di accoglienza e gli altri governi europei dovrebbero collaborare con il nostro paese verso questo obiettivo. In questa direzione è inoltre prioritario che tutti gli stati membri dell’Unione europea eliminino e impediscano ogni forma di detenzione di minori. Non esiste infatti circostanza in cui la detenzione di minori sia accettabile, perché si tratta sempre di una violazione dei diritti dei bambini”.
Oxfam e le organizzazioni partner in Sicilia, come AccoglieRete e Borderline Sicilia, incontrano regolarmente ragazzi che raccontano di non essere stati informati della possibilità di presentare richiesta di asilo o del diritto di avere un tutore legale, ossia qualcuno che agisca nei loro migliori interessi e che tuteli i loro diritti. L’assegnazione di un tutore però può richiedere anche diversi mesi, compromettendo la possibilità di un futuro normale per questi ragazzi, rallentando fortemente il processo di regolarizzazione e integrazione del minore solo.
“E’ fondamentale velocizzare le procedure di nomina del tutore così che il minore possa essere seguito individualmente fin dal suo arrivo”, spiega Iolanda Genovese di AccoglieRete, associazione da anni impegnata nel diffondere una buona pratica sulla tutela dei minori stranieri non accompagnati, che nel siracusano, ad esempio, ha portato una notevole riduzione nelle sparizioni dei minori.
Oltre 5 mila i minori “scomparsi” nei primi 6 mesi dell’anno
Nei primi sei mesi del 2016, 5.222 minori non accompagnati sono stati dichiarati “scomparsi”, essendo scappati dai centri d’accoglienza per continuare il loro viaggio e raggiungere altri paesi europei.Ragazzi che diventano così invisibili, uscendo dai radar della legge, e diventando conseguentemente ancor più vulnerabili a fenomeni di violenza e sfruttamento.
Se la situazione dei bambini è particolarmente critica, quella di coloro che compiono 18 anni non lo è di meno. Molti vengono semplicemente cacciati dai centri in cui soggiornavano, finendo così anche loro in mezzo a una strada. 
Fonte: Vita.it

Scarica Rapporto di Oxfam “Grandi speranze alla deriva”

28 bimbi al giorno scompaiono dal sistema di accoglienza italiano

Il nuovo report della ong   OXFAM rivela come il numero di minori non accompagnati arrivati nel 2016 sulle nostre coste sia raddoppiato: ...
Semira vive in Sicilia e racconta come i due piccoli, insieme a una donna, siano stati squartati e lasciati nel deserto prima di imbarcarsi. Orrore documentato da alcune foto. «I mercati finali sono Usa, Israele e Golfo persico. Abbiamo denunciato in tutte le sedi, ma non mi sembra si sia fatto abbastanza», spiega don Zerai.
«Io gliel'avevo detto di non partire insieme ai bambini, di lasciarli dai suoi genitori, ma per lei era troppo grande il desiderio di venire in Italia insieme ai suoi figli». Mentre parla, Semira, nome di fantasia, scorre sul suo smartphone le foto dei suoi nipoti. Uccisi in Egitto - insieme a un'altra donna - prima di imbarcarsi per la Sicilia, squartati da trafficanti senza umanità, derubati degli organi, ricuciti alla buona e lasciati su una spiaggia del Paese nordafricano. «Vivevano in Kenia, il più piccolo aveva due mesi, il più grande un anno e mezzo, la stessa età di mia figlia - racconta Semira, giovane somala che vive in Sicilia da due anni -. Con loro c'era anche un terzo bambino di sei anni, che è riuscito a mettersi in salvo con la mamma». Sono stati altri migranti, compagni di viaggio dei fratellini dilaniati, a fotografare i corpi e a inviare le immagini al papà, cugino di Semira. «Tramite l'ambasciata keniana in Egitto è riuscito a far rientrare le salme - continua la donna -. Prima però, in ospedale, hanno accertato che gli avevano tolto gli organi».
La storia raccontata a MeridioNews da Semira ha trovato spazio sui media africani lo scorso aprile. Ma è solo uno dei moltissimi casi di migranti uccisi per incrementare il ricchissimo mercato della vendita illegale di organi. Un business che - come riporta in una recente inchiesta La Repubblica affidandosi a una stima della Global Financial Integrity, la fondazione statunitense tra i più importanti centri mondiali di analisi sui flussi finanziari illeciti - vale 1,4 miliardi di dollari all'anno. Sarebbe illegale circa il 10 per cento dei 118mila trapianti che annualmente si fanno a livello mondiale. «L'Egitto è il Paese dove questi trafficanti agiscono di più e su cui abbiamo raccolto più denunce, ma bisognerebbe approfondire anche la situazione inSudan e in alcuni Paesi dell'Africa occidentale». A parlare è don Mussie Zerai,sacerdote eritreo che vive a Roma da 24 anni. Con la sua agenzia Habeshia, fornisce ai rifugiati assistenza legale, orientamento e aiuto. «Siamo venuti a sapere di uccisioni per espianto degli organi a partire dalla fine del 2009 - spiega -, da molto più tempo questo traffico riguarda i quartieri poveri del Cairo, ma fino a quel momento non sapevamo che avesse preso di mira anche i migranti in transito da quelle parti. Abbiamo raccolto testimonianze secondo cui persone bisognose vengono avvicinate e gli viene offerto di cedere un rene a 10-20mila euro. Per poi essere rivenduto a molto di più in alcuni Paesi ricchi». Ma con l'incremento del flusso di migranti, i donatori costretti si sono moltiplicati, anche a costo di togliergli la vita. «Tra il 2009 e il 2013 sono state uccise tremila persone solo nella penisola del Sinai (al confine tra Egitto e Israele ndr) - continua don Zerai - molti di questi venivano prelevati vivi, squartati, ricuciti alla meglio e lasciati morire nel deserto. L'espianto avviene dentro camper allestiti ad ambulanza o mini ospedali,grazie a medici compiacenti che vengono dalle città».
Una macabra prassi che ha coinvolto anche i nipoti di Semira. «Hanno usato come scusa che uno dei bambini piangeva troppo - racconta la donna somala -, lo hanno buttato giù dal mezzo su cui viaggiavano. Le foto che hanno scattato altri migranti sono poi state pubblicate su un giornale africano» (LE FOTO POTREBBERO URTARE LA VOSTRA SENSIBILITà). «Quanti corpi saranno seppelliti sotto la sabbia del deserto! - riflette don Zerai - E l'Occidente sa perché bravi giornalisti, soprattutto americani e inglesi, hanno documentato questo orrore». Proprio gli Stati Uniti sono uno dei Paesi dove gli organi arrivano a destinazione. «Gli Usa, Israele e i Paesi del golfo persico. Sono questi i mercati finali - spiega il sacerdote -, sono indicati anche nei report del dipartimento di Stato americano. Qualche anno fa negli Stati Uniti sono stati arrestati alcuni trafficanti di organi che facevano la spola tra Il Cairo e New York».
Non è stata solo una parte della stampa a rendere testimonianza. Ci sono anche le denunce dell'associazione Habesha e quelle di pochi migranti che, giunti in Europa, hanno avuto il coraggio di rivolgersi alle istituzioni, senza però ottenere risposte concrete. «Abbiamo denunciato in tutte le sedi istituzionali: dal parlamento italiano a quello europeo - sottolinea don Zerai -, hanno provato a fare qualcosa con molta fatica, ma non mi sembra che si siano sforzati più di tanto. Anche in Italia abbiamo accompagnato qualche rifugiato dalla polizia per denunciare, ma la maggior parte delle volte ci è stato risposto che non potevano fare niente perché il reato non era stato commesso in territorio italiano». Nei mesi scorsi Nuredin Wehabrebi Atta, il primo pentito della rete internazionale che si occupa del traffico di migranti dall'Africa, ha riferito ai magistrati di Palermo di notizie simili: «Mi è stato raccontato che le persone che non possono pagare vengono consegnate a degli egiziani, che li uccidono per prelevarne gli organi e rivenderli in Egitto per una somma di circa 15mila dollari». Al momento non ci sono notizie o testimonianze che dimostrino che questo business abbia ramificazioni anche in Sicilia. Ma c'è un dato che inquieta chi si occupa di questi temi. È il numero di minori stranieri non accompagnati scomparsi: cinquemila solo in Italia tra il 2014 e il 2015. Di questi quasi duemila hanno fatto perdere le proprie tracce in Sicilia. «Siamo molto preoccupati, perché una parte può finire nelle mani di trafficanti di organi», denuncia don Zerai. osa fare dunque per provare ad arginare il fenomeno? «Seguire i flussi di denaro per prima cosa - risponde sicuro - lo abbiamo detto all'Europol, seguite i trasferimenti che vengono fatti dall'Occidente ai Paesi a rischio. E poi creare un sistema di protezione nei Paesi di transito: in Sudan, Niger o Ciad sono sorti immensi campi profughi dove vivono 20-30mila disperati, un bacino perfetto per i trafficanti che vanno lì a pescare le loro vittime. Infine - conclude il sacerdote eritreo - servono corridoi umanitari, canali legali per emigrare, visti di ricongiungimento più facili. Se fosse così, queste persone non sarebbero così disperate da rischiare di finire nelle mani di questi mercanti di morte».
Fonte: MeridioNews;
Autore: Salvo Catalano







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«I miei nipoti uccisi in Egitto per rubargli gli organi» Business sui migranti, timore per minori scomparsi

Semira vive in Sicilia e racconta come i due piccoli, insieme a una donna, siano stati squartati e lasciati nel deserto prima di imbarcars...


Children now make up more than half of the world’s refugees, according to a Unicef report, despite the fact they account for less than a third of the global population.

Just two countries – Syria and Afghanistan – comprise half of all child refugees under protection by the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), while roughly three-quarters of the world’s child refugees come from just 10 countries.New and on-going global conflicts over the last five years have forced the number of child refugees to jump by 75% to 8 million, the report warns, putting these children at high risk of human smuggling, trafficking and other forms of abuse.

The Unicef report (pdf) – which pulls together the latest global data regarding migration and analyses the effect it has on children – shows that globally some 50 million children have either migrated to another country or been forcibly displaced internally; of these, 28 million have been forced to flee by conflict. It also calls on the international community for urgent action to protect child migrants; end detention for children seeking refugee status or migrating; keep families together; and provide much-needed education and health services for children migrants.


“Though many communities and people around the world have welcomed refugee and migrant children, xenophobia, discrimination, and exclusion pose serious threats to their lives and futures,” said Unicef’s executive director, Anthony Lake.

“But if young refugees are accepted and protected today, if they have the chance to learn and grow, and to develop their potential, they can be a source of stability and economic progress.”

Today children comprise one-eighth of all international migrants in the world (31 million children out of 244 million total migrants), according to 2015 data. The vast majority of child migrants – some 3.7 million children – live in the US, followed by Saudi Arabia and Jordan, while in Europe, the UK hosts the largest number of migrants under the age of 18 (close to 750,000).




Unicef UK is calling on the UK government to step up action to ensure that refugee children stranded in Europe can reach safety with their families in the UK.

“Today, nearly one in every 200 children in the world is a refugee,” said Lily Caprani, Unicef UK’s deputy executive director. “In the last few years we have seen huge numbers of children being forced to flee their homes, and takedangerous, desperate journeys, often on their own. Children on the move are at risk of the worst forms of abuse and harm and can easily fall victim to traffickers and other criminals.

“Many of these children wouldn’t resort to such extreme measures if the UK government made them aware that they may have a legal right to come to the UK safely, and if they provided the resources to make that process happen before these terrible journeys begin.”

The vast majority of the world’s child migrants live in Asia or Africa, the report says. Asia is the birthplace of nearly half (43%) of all the migrants in the world, with nearly 60% of these migrants moving within the region. Most of Asia’s child migrants are hosted in Saudi Arabia, which also receives the highest number of labour migrants – the report’s authors say more research is needed to understand the connection between the two.


Globally, Turkey has the largest share of refugees – including adults – under protection by the UNHCR, and is believed to host the most child refugees as well.

In Africa, nearly one in three migrants is a child – nearly twice the global average – and three in five refugees are children. African migrants move both within and beyond the continent’s borders in nearly equal numbers; South Africa and Ivory Coast are the top two host countries for immigrants. But on-going conflict in many countries, in addition to linguistic difficulties between peoples and extremely limited resources to deal with migrant and refugee populations, mean that “the economic and social pressures of hosting threaten to uproot refugees once more”, the report warns.Understanding how and why children move within or beyond their birth countries is hugely important but usually hidden from view, says Dale Rutstein of Unicef’s Office of Research – Innocenti, which is investigating the multiple drivers that push children to start new lives, and the problems that they face as a result.

“The systems we have in place for people fleeing or seeking asylum are focused on adults, and in no way are articulated for children,” he says. “They are usually based on border control and law enforcement, yet we know that detention for a child is the worst thing that can happen and can create significant problems [for] a child’s development. But time and time again, we see that states don’t have any system for [holding] children apart from [putting them in] detention.”

Data clearly shows that refugee and migrant children disproportionately face poverty and exclusion despite being in great need of aid and resources, and in many circumstances are required to handle their own legal cases as they lack any form of legal representation.“In many parts of the world, children are often and regularly in court proceedings where they have no legal representative and no adult representation, most notably on the border between Central America and the US,” says Rutstein.

“Think of how absurd it is for a child to be arguing their case against a government-appointed lawyer. Often states believe they are set up to protect ‘their own’ children, but children have to be children anywhere and everywhere, and need to have the same standard forms of protection and treatment [around the world].”

The report calls on the international community to fulfil the Convention on the Rights of the Child, the most widely ratified human rights treaty in history, which obliges ratifying countries to respect and protect the rights of all children within their territories, regardless of a child’s background or migration status. While legal frameworks protecting refugees and other adult migrants is unclear and fragmented, the report says, the children’s convention is clear and unequivocal, taking into account minors’ particular vulnerabilities.

SCARICA IL REPORT http://www.unicef.org.uk/Documents/Media/UPROOTED%20Report.pdf

Fonte: The Guardian
Autore: Kate Hodal


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Nearly half of all refugees are children, says Unicef

Children now make up more than half of the world’s refugees, according to a Unicef report, despite the fact they account fo...
Esplode la giungla di Calais: rabbia dei camionisti e speranze dei profughi

REPORTAGE. Viaggio nel campo informale più grande d’Europa dove da settimane si sfiorano le diecimila presenze. Ieri cittadini e camionisti hanno bloccato l’autostrada. Il governo in difficoltà promette lo smantellamento per tappe. Ma intanto la vita nel campo va avanti salvata dal lavoro dei volontari

http://www.redattoresociale.it/Notiziario/Articolo/514584/Esplode-la-giungla-di-Calais-rabbia-dei-camionisti-e-speranze-dei-profughi


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Esplode la giungla di Calais: rabbia dei camionisti e speranze dei profughi

Esplode la giungla di Calais: rabbia dei camionisti e speranze dei profughi REPORTAGE. Viaggio nel campo informale più grande d’Europa...
Durante il 2016 241.000 persone sono sbarcate in Europa via mare. Il 31% di queste sono bambini di cui più di 15.000 arrivati da soli, senza un adulto di riferimento al loro fianco. I bambini e le famiglie costrette ai confini d’Europa in condizioni detentive, le vittime inghiottite dal mare nei terribili naufragi sono le tragiche conseguenze di una politica europea fallimentare. Il salvataggio di vite in mare e la protezione dei bambini alle frontiere devono diventare le nostre priorità.
Le politiche migratorie messe in atto negli ultimi mesi, in risposta ai frequenti spostamenti di persone in fuga, da guerre, povertà e violenze hanno messo in secondo piano i valori fondativi della stessa Europa negoziando i diritti umani con il controllo delle frontiere. È quello che è accaduto con l’accordo UE – Turchia dello scorso marzo che ha aggravato le condizioni di vita dei migranti in Grecia rallentando i reinsediamenti di coloro che hanno diritto alla protezione internazionale. Il 36% di tutti i richiedenti asilo in Europa sono bambini ma le ragioni che spingono i minori, spesso non accompagnati, a migrare mettendosi in pericolo di vita sono diverse: alcuni sono in cerca di asilo politico e scappano da guerre, discriminazione e persecuzioni, altri sono vittime di tratta e traffico; alcuni di loro cercano migliori condizioni educative e lavorative e scappano da una povertà estrema.

Chiediamo che tutti i bambini, senza alcuna distinzione, ricevano il giusto supporto per aiutarli a vivere e a progettare il loro futuro. Per loro raccomandiamo quelle priorità che bussano alle nostre porte con urgenza.

  1. Salvare vite umane in mare. Anteporre il superiore interesse dei bambini al controllo delle frontiere. Coordinare gli sforzi e le soluzioni dei paesi europei e di quelli che hanno adottato l’Agenda europea delle Migrazioni nelle attività di ricerca e soccorso.
  2. Combattere il traffico e il contrabbando di vite umane. Accrescere i meccanismi di cooperazione alle frontiere e provvedere allo sviluppo di rotte legali e sicure per chi arriva in Europa, vittima dei trafficanti. Garantire forme di empowerment per le famiglie e i bambini, rendendoli consapevoli dei rischi dello sfruttamento.
  3. Anteporre il superiore interesse del bambino al suo rimpatrio, verificando attentamente le condizioni di vita a cui andrebbe incontro nel suo paese d’origine. La valutazione del possibile rischio è molto delicata in quanto potrebbe non essere collegato a ragioni politiche o statali ma a forme di abuso e sfruttamento nel contesto familiare o sociale.
  4. Supportare e promuovere in ogni modo la riunificazione familiare qualora non costituisca, come già osservato prima, uno dei rischio del rimpatrio.
  5. Andare alle radici delle migrazioni. Focalizzare gli sforzi, attraverso un maggior focus e pressione internazionale, per la fine del conflitto in Siria. Supportare i paesi e le regioni d’origine dei bambini migranti includendo i Paesi di confine, come il Libano e la Giordania, dove i rifugiati sono quasi un terzo della popolazione. Sviluppare programmi sia informativi sia operativi che rafforzino la protezione nazionale dei bambini.
  6. Lavorare con i Paesi terzi deve essere una priorità. Fallimentari accordi di cooperazione hanno determinato il mancato rispetto del diritto d’asilo per milioni di persone e bambini. Alla base di una nuova strategia di partnership deve esserci l’esclusione, negli accordi di gestione delle migrazioni, dei Paesi che violano i fondamentali diritti umani.
  7. È necessaria un’armonizzazione delle procedure d’asilo che non deve condurre ad un abbassamento degli standard di accoglienza. Innanzitutto non possiamo più assistere alle condizioni di detenzione, sperimentate dai bambini in Grecia, ai confini con gli altri paesi europei: devono essere eliminate in quanto la detenzione dei bambini non è giustificabile dal loro status di migranti.
  8. Creazione di canali sicuri di accesso all’Europa e durante il percorso migratorio dei minori. Ilreinsediamento deve essere velocizzato in quanto è uno dei più importanti canali per i bambini per raggiungere l’Europa, in modo sicuro. Il ricongiungimento familiare, nel caso sia ricercato dal minore, è naturalmente il canale privilegiato per sfuggire al rischio di viaggi illegali: tutti i bambini che lo chiedono dovrebbero veder analizzata individualmente la loro richiesta.
I bambini sono bambini, prima di essere rifugiati o migranti: la situazione di estrema vulnerabilità in cui si ritrovano i minori migranti li espone a una negazione dei diritti di cui sono portatori in quanto bambini, rendendoli invisibili e senza protezione.
Noi vogliamo che non siano lasciati indietro, non li vogliamo intrappolati alle frontiere ma protagonisti del loro futuro.Fonte Blog Save The Children

Report “Putting children at the forefront”





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8 proposte per l’Agenda Europea sui bambini migranti

Durante il 2016 241.000 persone sono sbarcate in Europa via mare. Il 31% di queste sono bambini di cui più di 15.000 arrivati da soli, se...
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