2596 i migranti approdati sulle coste italiane dall'inizio dell'anno ad oggi.
Il dato è stato diffuso dal ministero degli Interni, considerati gli sbarchi rilevati entro le 8 di questa mattina, 13 marzo 2020.
Nello stesso periodo, lo scorso anno furono 335 mentre nel 2018 furono 5.938.

43 le persone migranti approdate, a marzo, sulle coste italiane, tutte nella giornata di ieri, 12 marzo 2020.
Le nazionalità, sulla base di quanto dichiarato al momento dell'arrivo, di coloro che sono approdati in Italia da inizio anno sono:
  • 440 di nazionalità bengalese (17%),
  • Algeria (308, 12%),
  • Costa d’Avorio (283, 11%),
  • Sudan (245, 9%), 
  • Somalia (172, 7%), 
  • Tunisia (137, 5%), 
  • Guinea (121, 5%), 
  • Mali (115, 4%), 
  • Marocco (112, 4%), 
  • Nigeria (70, 3%) 
  • a cui si aggiungono 593 persone (23%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.
I minori stranieri non accompagnati, giunti, via mare, fino ad ora sono 459. Il dato, aggiornato all’8 marzo, mostra un calo rispetto ai minori stranieri non accompagnati arrivati sulle coste italiane lungo tutto il 2017 (15.779), il 2018 (3.536) e il 2019 (1.680).


Leonardo Cavaliere

2.596 persone approdate sulle coste italiane. 459 i minori stranieri non accompagnati

2596 i migranti approdati sulle coste italiane dall'inizio dell'anno ad oggi. Il dato è stato diffuso dal ministero degli Inter...
Una coalizione di Paesi "volontari" dell'Unione europea prevede di prendersi in carico fino a un massimo di 1.500 bambini migranti attualmente bloccati sulle isole greche, come misura di sostegno "umanitario". Lo ha annunciato il governo tedesco.
"A livello europeo, in questi giorni si stanno svolgendo negoziati su una soluzione umanitaria, con l'obiettivo di organizzare la cura di questi bambini nel quadro di una coalizione di volontari", ha
sottolineato Berlino in un comunicato stampa, senza specificare quali siano i Paesi coinvolti. "Vogliamo aiutare la Grecia ad affrontare la difficile situazione umanitaria di 1.000-1.500 bambini sulle isole" del Paese, hanno aggiunto i partiti della coalizione di governo della cancelliera Angela Merkel. "Questi - hanno detto - sono bambini che, a causa di una malattia, hanno urgentemente bisogno di cure, o sono bambini non accompagnati di età inferiore ai 14 anni, per lo più femmine". (Ansa)


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Migranti, l'Ue prenderà 1.500 bambini dalla Grecia

Una coalizione di Paesi "volontari" dell'Unione europea prevede di prendersi in carico fino a un massimo di 1.500 bambini m...

Credit: Melissa Favaron - Flickr
I migranti lo chiamano “The Game” (il gioco), che poi proprio un gioco non è, anzi. Perché è molto pericoloso. Il ‘gioco’ consiste nell’attraversare i confini dei Paesi balcanici per cercare di entrare in territorio Ue, vera meta finale, percorrendo sentieri impervi, evitando fili spinati, barriere, telecamere termiche, droni, polizia, manganelli e forze armate. Terreno di gioco: la Rotta Balcanica. Nel 2015 furono oltre 800mila i migranti – in larghissima parte siriani in fuga dalla guerra – che la percorsero per arrivare in Germania, Austria, Belgio e Paesi Scandinavi e chiedere asilo. L’anno dopo, per bloccare i migranti, entrarono in vigore accordi internazionali tra Ue e Turchia e le frontiere tra i Paesi Balcanici furono sigillate. Nonostante ciò il flusso migratorio non si è mai arrestato facendo diventare la Rotta Balcanica la principale via migratoria verso l’Ue, superiore a quella del Mediterraneo. I dati dell’Unhcr, l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, lo confermano: tra gennaio e settembre 2019 sono stati 23.200 i migranti sbarcati in Spagna e 7.600 quelli giunti in Italia a fronte di 46.100 migranti arrivati in Grecia, porta di ingresso della Rotta Balcanica. Numero che a fine 2019 è salito a 59.726 arrivi via mare e circa 15mila via terra, per un totale di circa 75mila migranti arrivati in Grecia. Il doppio del 2018. Di Rotta Balcanica si è parlato nei giorni scorsi a Roma durante il seminario, “Emergenze e crisi umanitarie: il terremoto in Albania, la situazione libica e la rotta balcanica”, promosso da Caritas Italiana. A relazionare sul tema è stato Daniele Bombardi, coordinatore Caritas Italiana nei Balcani. Il Sir lo ha intervistato.
Perché sempre più migranti decidono di incamminarsi sulla Rotta Balcanica?
Il primo motivo è da ricercarsi nella sicurezza: essa, infatti, è meno pericolosa rispetto al viaggio in barcone sul Mediterraneo. Ci si impiega molto più tempo, ha un costo maggiore perché i passaggi di frontiera sono numerosi, ma il rischio di morire è molto più basso. Nonostante si siano registrate diverse vittime (attraversamento di fiumi, rotaie, cadute…) queste sono state molto meno di quelle in mare. Altro motivo è il punto di accesso che è molto facile da raggiungere: la Turchia. Molti migranti dal Nordafrica arrivano a Istanbul in aereo e poi cominciano la lunga camminata sulla Rotta, partendo dalla Grecia.
Quante persone si stima abbiano intrapreso la Rotta Balcanica per migrare?
È un numero in crescita: siamo nell’ordine di oltre 70mila persone solo nel 2019, il doppio del 2018. Nel 2019 nel solo mese di settembre, in Grecia sono sbarcate 10 mila persone, cifra che non si raggiungeva da anni. In Italia il fenomeno non è molto conosciuto perché questi migranti non puntano al nostro Paese, se non per transitare nel Nord Est, ma al Nord Europa, alla Germania, all’Austria.
Chi sono i migranti che tentano il ‘Game’ per arrivare in Europa?
Sono soprattutto bambini, minori non accompagnati e giovani. Non solo adulti. Si stima che un migrante su quattro sia un minore. Quella Balcanica è una rotta percorsa da qualsiasi tipo di migrante. Anche il più vulnerabile prova il ‘Game’.
Quali sono le principali difficoltà che devono superare nel loro cammino?
Alcuni migranti ci hanno raccontato che avevano preferito arrivare via mare, nonostante il pericolo, perché una volta approdati erano a destinazione. Nei Balcani, invece, ci sono almeno sei o sette frontiere da attraversare, Grecia, Macedonia, Croazia, Bosnia, Serbia, Montenegro, Slovenia, Ungheria e prima ancora la Turchia. I confini comunitari con i Paesi balcanici sono sempre più militarizzati e controllati. Inoltre sta prendendo piede la logica dei muri. Ci sono barriere e fili spinati ai confini tra Turchia e Bulgaria, tra Grecia e Macedonia, tra Serbia e Ungheria, e tra Croazia e Slovenia. E si ragiona anche su una barriera marina nel mare Egeo.
Molti migranti restano bloccati nei campi profughi…
Campi del tutto inadeguati dove i migranti possono restare bloccati per mesi se non per anni. I Paesi balcanici sono molto fragili dal lato umanitario e dell’assistenza. Hanno messo in piedi un sistema raffazzonato, usando casali, industrie e caserme e strutture abbandonate, prive di ogni servizio minimo, senza riscaldamento. Tutto questo mette a rischio la vita e la salute delle persone. Per questi motivi in alcune isole greche e nel nord della Bosnia è stato decretato lo stato di emergenza umanitaria.
Quanto tempo può impiegare un migrante per percorrere la Rotta e tentare di arrivare nei territori comunitari?
Difficile che un migrante possa impiegare meno di un anno o solo pochi mesi. Quando si arriva in un posto bisogna organizzarsi e farlo è molto costoso. I migranti che giungono in Europa in molti casi hanno già finito i loro soldi. Penso a chi arriva dall’Afghanistan, dal Pakistan, dall’Iran. Devono aspettare che arrivino altri soldi dalle loro famiglie per poter continuare il ‘game’.
Come avviene il passaggio delle frontiere?
Normalmente avviene con dei ‘passeur’, dei trafficanti che pretendono cifre alte senza dare peraltro la garanzia del passaggio del confine.
Molti migranti, infatti, sono respinti ai confini…
La polizia respinge i migranti con violenza e abusi. Le testimonianze, anche di coloro che ce l’hanno fatta a passare, raccontano di persone fermate in Croazia, Slovenia, rimandate indietro e costrette a ricominciare. Ci sono migranti respinti passati da un campo profughi all’altro. Per non parlare poi di abusi, sequestri di beni personali e corruzione che segnano i rifugiati durante il percorso.
©Caritas Svizzera
Cosa fanno i Paesi balcanici per dare un aiuto più strutturato a questi migranti?
Difficile in questo ambito parlare di interventi strutturati. Come detto prima, c’è molta improvvisazione. Si tratta di Paesi economicamente fragili e impossibilitati per questo a dare priorità di intervento alle migrazioni. Per esempio in Bosnia Erzegovina, lo Stato ha affidato all’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) la gestione del fenomeno migratorio. L’Oim, però, non può identificare i luoghi di accoglienza perché privo dell’autorizzazione dello stesso Stato. L’Oim ha cominciato così ad affittare strutture private per alloggiare i migranti. Queste nella maggior parte sono ambienti vecchi, abbandonati, in disuso, privi di tutto, inadatti. In Serbia un vecchio ospedale pediatrico adibito a centro di accoglienza per circa 300 persone non ha acqua potabile da 5 anni. Altri migranti sono ospitati in un motel fatiscente lungo l’autostrada, lontani da centri abitati e impossibilitati a raggiungerli. Con un po’ più di organizzazione si potrebbe allestire una accoglienza più decente e dignitosa.
©Caritas Svizzera
Perché non si fa?
Perché non c’è la volontà politica. Il tema migratorio è molto impopolare, strumentalizzato politicamente e anche costoso. Per un Paese povero come la Bosnia, che non ha risorse nemmeno per i propri cittadini, l’accoglienza di 10mila migranti è pesante.
Il fatto poi che siano migranti in transito non spinge la gente a dare loro una mano. Ma si tratta di un transito molto lento che può durare mesi se non anni.
Ma non è un po’ paradossale che Paesi come quelli balcanici, che aspirano ad entrare nell’Ue, non riescano a fornire una assistenza umanitaria degna di questo nome? La partita dell’integrazione europea si gioca anche con la gestione dei migranti…
Credo che l’Ue voglia giocare con i Balcani lo stesso gioco che sta facendo con la Turchia: avere gli hot spot europei (centri dove identificare, registrare e rilevare impronte digitali dei migranti sbarcati e verificare se possono fare la domanda di protezione internazionale, ndr.) fuori dei confini Ue.
Sembra abbastanza chiara l’intenzione dell’Ue di esternalizzare le frontiere arrivando a pagare questi Paesi perché tengano fermi sui propri territori i migranti. Alcuni governi, come quello serbo, hanno capito e stanno lavorando in questa direzione, tenendosi una quota di migranti, nella speranza di vedere facilitato il loro cammino di adesione all’Ue. Purtroppo non c’è un sistema di controllo idoneo a verificare se i migranti sono accolti secondo il rispetto dei diritti umani.
L’Ue ha poche politiche comuni e l’esternalizzazione delle frontiere è una di queste. I Paesi balcanici si prestano al gioco perché sono tutti in pre-adesione e cercano, così facendo, di ottenere vantaggi.
Cosa dovrebbe fare l’Ue?
Credo che i Paesi europei dovrebbero almeno offrire dei luoghi di accoglienza più decenti ai migranti ed evitare che nella sosta di qualche mese (o anno) debbano dormire a terra, privi di cibo, acqua, luce, medicine e istruzione. La soluzione è possibile se ci fosse la volontà politica. I numeri non sono giganteschi: parliamo di 10mila migranti in Bosnia su 4 milioni di abitanti, 7mila migranti in Serbia su una popolazione di 8 milioni. Numeri gestibili se ci fosse – ripeto – la volontà politica. Le soluzioni tecniche ci sono. L’Ue dovrebbe spingere questi Paesi ad adottarle piuttosto che dare finanziamenti senza poi verificare gli standard di accoglienza.
©Caritas Svizzera
Qual è l’impegno delle Caritas e delle Chiese locali per questi migranti?
Le Caritas sono presenti in moltissimi campi lungo la Rotta e in diversi altri luoghi. Difficile fare un calcolo dei campi: in Bosnia ce ne sono 8, in Serbia 17, in Macedonia 3, non so in Grecia e in altri Paesi. Le Caritas sono presenti in oltre il 60% dei campi impegnate a vari livelli, animazione, distribuzione, educazione, salute. Sono Caritas di Chiese che non hanno maturato particolari esperienze sul campo migratorio se non in quello interno. Devono crescere in formazione e in questo ambito risulta prezioso l’aiuto che molte Caritas europee, Italia in testa, stanno offrendo loro.
Autore: Daniele Rocchi
Fonti: SIR




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Migranti. Sulla Rotta Balcanica si gioca il “game” della vita

Credit: Melissa Favaron - Flickr I migranti lo chiamano “The Game” (il gioco), che poi proprio un gioco non è, anzi. Perc...

"Pass4You - supporto tecnico ai tutori volontari" è il progetto promosso dall'ONG Intersos e dall’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) con il supporto di Save the Children, finanziato nell’ambito di “Never Alone – per un domani possibile”.
Come si legge in una nota, il progetto “Pass4You”, nasce per garantire la piena protezione dei minori anche alla luce delle modifiche normative apportate dal d.l. 113/2018 (c.d. “decreto sicurezza”), che conferisce un’importanza decisiva all’ottenimento del passaporto del Paese di origine, poiché tra i requisiti fondamentali per la conversione del permesso di soggiorno per motivi umanitari in permesso per lavoro, così come per il rilascio del permesso per studio, lavoro o attesa occupazione al minore straniero non accompagnato al compimento dei 18 anni.
Il possesso dei documenti di identità, e in particolare del passaporto, rappresenta un requisito fondamentale per garantire la protezione e il pieno riconoscimento dei diritti.
Il progetto “Pass4You” ha preso il via ad ottobre 2019, e fino ad ottobre 2020, con l’avvio della seconda fase, offrirà strumenti, orientamento e supporto ai tutori volontari nello svolgimento delle procedure legate al rilascio del passaporto per Minori stranieri non accompagnati (Msna).
 Per tale ragione risulta fondamentale che il tutore, una volta verificate le procedure e le prassi dei consolati e delle ambasciate del Paese di origine del minore, lo supporti nel presentare la richiesta del passaporto o dell’attestazione di nazionalità e nel reperire al più presto la documentazione richiesta.
Pass4You punta a migliorare le informazioni disponibili sulle prassi specifiche delle ambasciate e dei consolati, attraverso lo sviluppo e la diffusione di strumenti informativi dedicati fruibili da tutori, minori soli non accompagnati, neomaggiorenni e operatori dell’accoglienza. Si vuole inoltre facilitare l’accesso alle ambasciate e ai consolati da parte dei tutori volontari attraverso il coinvolgimento dell’Helpline Minori Migranti di Save the Children, servizio telefonico gratuito e multilingue di consulenza. Tutori, operatori e minori stessi possono beneficiare del servizio in caso di dubbi o per richiedere informazioni. Ancora, Pass4You si propone di semplificare l’aspetto logistico riguardante spostamenti e ospitalità nelle principali città sede delle ambasciate e dei consolati – Roma, Palermo e Milano – attraverso la creazione di schede contenenti le informazioni logistiche volte a velocizzare il raggiungimento di tali sedi diplomatiche, agevolando l’ospitalità nelle tre città.
L'ASGI, tramite la propria rete di avvocati, offre consulenza legale per dirimere dubbi sulle prassi delle autorità diplomatiche dei diversi Paesi e delle questure nelle richieste di requisiti o nelle modalità di rilascio di passaporti, attestazione di nazionalità e titoli di viaggio e sull’interpretazione o i riferimenti della normativa e della giurisprudenza italiane in materia, al fine di consentire ai tutori volontari, ai minori soli e ai neomaggiorenni di ottenere il rilascio dei documenti di viaggio.


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Pass4You - supporto tecnico ai tutori volontari

"Pass4You - supporto tecnico ai tutori volontari" è il progetto promosso dall'ONG Intersos e dall’Associazi...
Regolamento recante modifiche al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in attuazione dell’articolo 22 della legge 7 aprile 2017, n. 47, recante misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati (decreto del Presidente della Repubblica – esame preliminare)

Il Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte e del Ministro dell’interno Luciana Lamorgese, ha approvato, in esame preliminare, un regolamento, da adottarsi con decreto del Presidente della Repubblica, in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati.

Il testo, in attuazione della legge 7 aprile 2017, n. 47, modifica e integra la disciplina regolamentare vigente, con particolare riferimento al rilascio dei permessi di soggiorno e della conversione degli stessi al raggiungimento della maggiore età.

Si semplificano le tipologie di permesso di soggiorno destinate ai minori stranieri non accompagnati, stabilendo che al minore è rilasciato un permesso “per minore età”, salvo che sia affidato o posto sotto la tutela di un cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante con il quale conviva, caso in cui sarà rilasciato un permesso “per motivi familiari”. Entrambe le tipologie di permesso consentono comunque di svolgere attività lavorativa e formativa finalizzata all’accesso al lavoro. Al compimento della maggiore età, ai titolari dei permessi di soggiorno si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sulla possibilità di conversione del permesso di soggiorno.


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PROTEZIONE DEI MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI

Regolamento recante modifiche al d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in attuazione dell’articolo 22 della legge 7 aprile 2017, n. 47, recante m...
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