L’UNHCR ha pubblicato quest’oggi il Report Desperate Journays, ViaggiDisperati, che analizza gli arrivi alle frontiere europee.
Il periodo di riferimento sono i primi 7 mesi del 2018, messe a confronto con quelle dello stesso periodo dell’anno scorso.
Il numero totale di rifugiati è diminuito del 41% rispetto allo scorso anno, con buona pace di quanti danno una visione falsa e allarmistica del fenomeno migratorio.
L’unico allarme è per coloro che non riescono a partire, braccati nell’inferno libico.
Molti hanno appreso la notizia “meno sbarchi” come qualcosa di positivo, un vanto, una medaglia al valore della capacità di governare.
Invece, questa è una cattiva notizia per due motivi:
1)    Molti di coloro che non riescono ad arrivare continuano, con buona pace dei governi Europei, a sperimentare qualunque forma di abuso. “Il 75% delle oltre 900 persone intervistate ha sperimentato qualche forma di abuso sulle rotte che portano in Libia e in Europa. Il 44% degli intervistati ha segnalato di aver assistito a una o più morti durante il viaggio. Di coloro che hanno viaggiato attraverso la Libia, il 64% ha riferito di abusi fisici, violenze o torture, il 45% ha detto di essere stato privato di cibo e il 41% dell'acqua. Il 30% ha riferito di essere stato sottoposto a pratiche di sfruttamento del lavoro e il 21% ha riferito di aver fatto esperienza di estorsione o corruzione, l'11% ha dichiarato di essere stato colpito o minacciato con armi e il 3% ha riferito di essere stato oggetto di abusi o sfruttamento sessuale (il 7% delle donne e il 2% degli uomini).”
2)    Al minor numero di arrivi corrisponde anche una più alta percentuale di morti.  
"Alla di fine luglio, quasi 1600 persone erano morte o disperse nel Mar Mediterraneo e lungo le rotte terrestri nel 2018, ad esclusione di coloro che sono morti lungo rotte da e verso il Nord Africa, come nel deserto del Sahara o in Libia. Nonostante i numeri più bassi di persone che attraversano il mare dalla Libia, una percentuale maggiore di persone muore in mare, con un decesso per ogni 18 persone che arrivano in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo centrale tra gennaio e luglio di quest'anno rispetto a un decesso ogni 42 nello stesso periodo del 2017".
"Lungo le rotte terrestri anche in Europa, quest'anno si registrano più morti con 74 morti registrati nei primi sette mesi del 2018 rispetto ai 42 dello stesso periodo dell'anno scorso".
Per meglio rendere l’idea, durante tutto il 2017, 2.276 sono i migranti deceduti diretti verso Italia, contro i 1.095 del 2018, non ancora finito. Se consideriamo che gli arrivi, alla rilevazione di fine luglio, sono stati un quinto rispetto allo scorso anno, la proporzione delle persone scomparse o decedute è altissima.
Andando ad indagare su quanti minori stranieri non accompagnati sono arrivati in Europa nei primi sette mesi del 2018 ci accorgiamo che sono poco più di 3.500 rispetto agli oltre 13.300 nello stesso periodo dell'anno scorso. Quasi 2.900 minori non accompagnati sono arrivati in Italia, principalmente dalla Libia e dalla Tunisia.
Le nazionalità più rappresentate sono: Eritrea, Tunisia e Sudan.
Come gli adulti, anche i minori, secondo il rapporto UNHCR, sono soggetti ad abusi. Inoltre, "anche i bambini, sia accompagnati che non accompagnati, che sono stati intercettati o salvati al largo delle coste libiche dalla Guardia costiera libica sono trasferiti in strutture di detenzione al momento dello sbarco in Libia. Alla fine di luglio 2018, quasi 1.200 bambini erano stati trasferiti in detenzione in Libia".
Per completezza, il rapporto Viaggi disperati ci fornisce anche un altro dato interessante.
Soltanto in Italia si è registrato un brusco calo degli sbarchi, mentre in Spagna, gli arrivi, sia via terra, nelle Enclave Marocchine, che via mare, sono più che raddoppiati, passando da 12.100 nel 2017 a 27.600 nel 2018. Lo stesso è avvenuto in Grecia dove quest'anno sono arrivati 26.000 migranti contro i 13.800 dei primi sette mesi dello scorso anno.
Foto: Refugees were rescued by Sea Watch crew members after their rubber dinghy overturned spilling the passengers into the Mediterranean AMNON GUTMAN/AL JAZEERA


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UNHCR: Viaggi disperati, il Report. Un decesso ogni 18 persone che raggiungono l' Europa.

L’ UNHCR ha pubblicato quest’oggi il Report Desperate Journays, ViaggiDisperati, che analizza gli arrivi alle frontiere europee. Il p...
Pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 107 del 16 agosto 2018 l'Avviso pubblico per la selezione e la formazione di soggetti idonei a svolgere la funzione di tutori legali di minori stranieri non accompagnati (MSNA) a titolo volontario e gratuito, da inserire negli elenchi presso i Tribunali per i minorenni della Puglia.


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Avviso pubblico tutori legali per minori stranieri non accompagnati (MSNA)

Pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 107 del 16 agosto 2018 l' Avviso pubblico  per la selezione e la formazion...
Sono 68.409 i bambini migranti detenuti in Messico fra il 2016 e aprile 2018, il 91% dei quali sono stati espulsi verso l'America Centrale. Circa 96.216 migranti dall'America centro-settentrionale, fra cui 24.189 donne e bambini sono stati rimpatriati dal Messico e dagli Stati Uniti fra gennaio e giugno di quest'anno; oltre il 90% è stato espulso dal Messico: questi i principali dati del nuovo rapporto (serie Child Alert) dell'Unicef 'Sradicati in America Centrale e Messico - Bambini migranti e rifugiati affrontano un circolo vizioso di difficoltà e pericoli' ('Uprooted in Central America and Mexico'), che esamina le diverse sfide e pericoli che affrontano i bambini e le famiglie migranti e rifugiate durante il difficile processo di migrazione e rimpatrio.
"Come mostra il rapporto, milioni di bambini nella regione sono vittime di povertà, indifferenza, violenza, migrazioni forzate e paura di essere espulsi", ha dichiarato Marita Perceval, direttore regionale dell'Unicef per l'America Latina e i Caraibi. "In molti casi - ha aggiunto - i bambini che sono rimandati nei loro paesi d'origine non hanno nessuna casa in cui tornare, e finiscono per essere sommersi dai debiti o sono presi di mira dalle gang criminali. Essere riportati a situazioni invivibili rende più probabile una nuova migrazione".

Secondo il rapporto estrema violenza, povertà e mancanza di opportunità non sono soltanto cause delle migrazioni irregolari di bambini dall'America centro-settentrionale (El Salvador, Guatemala e Honduras) e dal Messico, ma anche conseguenze delle espulsioni dal Messico e dagli Stati Uniti. L'Unicef ha dunque invitato i governi a lavorare insieme per attuare delle soluzioni che aiutino a ridurre le cause scatenanti delle migrazioni irregolari e forzate ed a tutelare il benessere dei bambini rifugiati e migranti durante il viaggio.

Nello specifico, i risultati del rapporto includono:


POVERTÀ - El Salvador, Guatemala e Honduras sono fra i paesi più poveri dell'emisfero occidentale, con, rispettivamente, il 44, il 68 e il 74% dei bambini che vivono in povertà. I bambini e le famiglie povere spesso chiedono dei prestiti per finanziare la loro migrazione irregolare verso gli Stati Uniti, lasciandoli in una situazione finanziaria ancor più precaria quando sono fermati e rimandati indietro senza denaro e si trovano impossibilitati a ripagare i loro prestiti. Questa pressione economica può lasciare i bambini e le famiglie senza casa o senza le risorse necessarie per pagare i beni di prima necessità.

VIOLENZA - La violenza delle gang è pervasiva in molte comunità dell'America centro-settentrionale, con bambini presi come obiettivo di reclutamento, abusi e persino omicidio. Fra il 2008 e il 2016 in Honduras, per esempio, circa un bambino ogni giorno è stato vittima di omicidio. Analogamente, a El Salvador, 365 bambini sono stati uccisi nel 2017, mentre l'anno scorso in Guatemala sono stati segnalati 942 casi di morti violente di bambini. I bambini e le famiglie che migrano a causa di minacce di violenza possono essere esposti a un rischio ancora maggiore se sono costretti a ritornare, senza nessun supporto o protezione, nelle comunità in cui erano precedentemente in pericolo. Molti rimpatriati finiscono per diventare sfollati interni perché per loro è insicuro tornare a casa.

STIGMATIZZAZIONE - I bambini e le famiglie rimpatriate affrontano la stigmatizzazione all'interno delle comunità a causa del loro tentativo fallito di arrivare in Messico o negli Stati Uniti. Questo può rendere ancora più difficile per i bambini rimpatriati reintegrarsi a scuola e per gli adulti trovare un lavoro.

SEPARAZIONE E DETENZIONE - La separazione familiare e la detenzione da parte delle autorità competenti in materia di migrazione, sono esperienze fortemente traumatizzanti che possono pregiudicare lo sviluppo a lungo termine del bambino. Tenere le famiglie unite e supportare alternative alla detenzione sono misure fondamentali per assicurare il superiore interesse dei bambini migranti e rifugiati.

Il rapporto evidenzia inoltre una serie di raccomandazioni per tenere i bambini rifugiati e migranti al sicuro e ridurre i fattori che spingono le famiglie e i bambini a lasciare le loro case in cerca di sicurezza o un di futuro con maggiori speranze attraverso rotte migratorie irregolari e pericolose. "E' fondamentale rispondere ai rischi affrontati dai bambini rifugiati e migranti e alle cause scatenanti che contribuiscono ai movimenti di popolazione su larga scala", ha dichiarato Perceval, secondo cui "i leader dei governi ora hanno l'opportunità di fare la cosa giusta. Ciò significa attuare strategie collaudate che possano aiutare a ridurre le cause scatenanti; proteggere i bambini in transito e quando raggiungono le loro destinazioni; fornire ai bambini accesso a servizi essenziali durante il percorso migratorio; fornire loro la protezione e il supporto necessari per una reintegrazione efficace".

Più di 68mila bambini migranti detenuti in Messico fra il 2016 e il 2018

Sono 68.409 i bambini migranti detenuti in Messico fra il 2016 e aprile 2018, il 91% dei quali sono stati espulsi verso l'America Cen...
Unaccompanied and separated children in Sicily © UNICEF/Gilbertson, 2016
Nei primi 7 mesi del 2018 il 16% di coloro che hanno raggiunto l'Italia via mare fuggendo da conflitti e persecuzioni sono minori non accompagnati.

Questo è quanto si può leggere sull'ultimo dashboard de l'UNHCR sui minori stranieri non accompagnati.

2896 minori non accompagnati sono arrivati in Italia via mare, in rappresentanza del 16% di tutti gli arrivi via mare in questo periodo. 

Il dato è coerente con una diminuzione generale degli arrivi via mare nel 2018, iniziata già dal 2017.

I numeri di minori non accompagnati sono notevolmente inferiori rispetto al 2017, ma la percentuale sul totale degli arrivi via mare nel periodo gennaio-luglio 2018 (16%) sono solo leggermente superiori a gennaio-luglio 2017 (13%).

Le stime parlano di minori soli non accompagnati provenienti dall'Eritrea (553), dalla Tunisia (548), e dal Sudan (252). 

Significativo è l'arrivo di minori non accompagnati provenienti da: Costa d'Avorio (189), Mali (163), Pakistan (157), Nigeria (157), Guinea (142), Somalia (137) e Algeria (98).

Secondo le stime dell'UNHCR, nel periodo gennaio-luglio 2018 quasi la metà (47%) proviene dall'Eritrea, Tunisia e dal Sudan. 

Si noti l'incremento dei minori tunisini rispetto ai primi 7 mesi del 2017, rappresentano il 6% di tutti gli arrivi tunisini nel periodo gennaio-luglio 2017, la loro proporzione è ora salita a 16 per cento.

La maggior parte cei minori che approdano via mare sono ragazzi e hanno 16 e 17 anni.
L'UNHCR precisa che le cifre esatte sul genere dei msna arrivati via mare sono attualmente non disponibili.

Leonardo Cavaliere
Fonte UNHCR



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Nei primi 7 mesi del 2018 il 16% di coloro che hanno raggiunto l'Italia via mare fuggendo da conflitti e persecuzioni sono minori non accompagnati.

Unaccompanied and separated children in Sicily © UNICEF/Gilbertson, 2016 Nei primi 7 mesi del 2018 il 16% di coloro che hanno raggiunto ...
Ahmed prova a scrivere delle parole in italiano. Vuole prendere la licenza media e per lui superare lo scoglio linguistico non è un accessorio. È arrivato in Italia a febbraio. Ha lasciato l’Egitto per scappare da una situazione di disagio e violenza familiare. È arrivato da solo nel nostro Paese. È molto determinato, vuole studiare: sogna di andare all’università. I migranti minori non accompagnati presenti in Italia al 28 febbraio 2018 sono 14.338. Si tratta di bambini e ragazzi giunti nel nostro Paese senza alcuna figura adulta al loro fianco e dunque facilmente esposti a rischi di sfruttamento e violenza. Oggi, grazie alla legge Zampa dell’aprile 2017, questi minori possono avere un tutore volontario, cioè un adulto che dopo un percorso di formazione giuridica e psicologica, affianca e guida il minore nella scelta della scuola, visite mediche e pratiche burocratiche.
«È una sorta di sentinella che verifica se il minore ha problemi e cerca di sostenerlo», spiega Caterina Boca, referente del settore legale della Caritas Roma, Area immigrati. «La legge ancora non prevede che il tutore abbia permessi dal lavoro quando lo deve accompagnare per sbrigare qualche pratica». «Prima della legge Zampa – continua – la tutela veniva prevalentemente affidata al sindaco del comune di accoglienza o a un assessore. Ma, ovviamente, questi che non potevano assicurare a ogni minore l’adeguato sostegno. Il tutore volontario, invece, ha proprio questo ruolo». E così Ahmed nel suo cammino in Italia non è solo.

Con lui c’è Francesca, un’insegnante di lingue straniere
, che gli fa da tutor da qualche mese: «Ho accompagnato Ahmed alle visite mediche e per il disbrigo delle pratiche burocratiche, prima fra tutte la richiesta di permesso di soggiorno per minore età». Lei è una dei 4.000 cittadini che hanno presentato domanda e partecipato ai corsi di formazione per diventare tutore volontario per migranti minori non accompagnati. Nel Lazio sono state presentate 700 candidature. «Il tutore – chiarisce l’avvocato Boca – non è un affidatario. Il minore è seguito da professionisti a cui si affianca il tutore, che deve coordinarsi con loro. Per il rilascio del permesso di soggiorno o l’iscrizione scolastica è il tutore a firmare». «Quando ci siamo incontrati la prima volta – racconta Francesca – ero molto emozionata, temevo di non riuscire ad entrare in sintonia soprattutto per lo scoglio linguistico.
Timore, però, che è stato subito fugato quando il ragazzino è entrato nella stanza. Mi ha sorriso subito». Insieme sono andati allo stadio delle Tre Fontane per vedere la partita tra la squadra dei rifugiati e quella dei campioni, ex calciatori, organizzata dall’Unhcr. «Ahmed non è assolutamente esigente o pretenzioso. Sta cercando di ricostruirsi dopo quello che ha vissuto in famiglia e si sta impegnando molto nello studio»
Autore: Antonella Gaetani
Fonte: Romasette.it


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Minori non accompagnati, nel Lazio 700 tutor

Ahmed prova a scrivere delle parole in italiano.  Vuole prendere la licenza media e per lui superare lo scoglio linguistico non è un acce...
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