Il vicepresidente del Distretto bavarese Ramersdorf-Perlach, Guido Bucholtz, è scandalizzato per la costruzione di un muro alto quattro metri per proteggere alcuni abitanti di un Paesino, Neuperlach, da minori non accompagnati.
Non è stato il sindaco a voler erigere “la grande muraglia”, bensì sette cittadini, confinanti con la casa protetta, che dovrebbe ospitare centosessanta minori non accompagnati. Inizialmente la struttura è stata prevista per profughi adulti, ma tale progetto è decaduto dopo varie petizioni, raccolta di firme e quant’altro, sempre dietro iniziativa dei cari vicini, motivando la richiesta con la  necessità di pace e tranquillità. Le loro case distano ben venticinque metri dall’area riservata ai giovani profughi,  tra le abitazioni e la “zona per i richiedenti asilo” c’è un’ampia zona verde con alberi, cespugli e prato.

Malgrado ciò il Tribunale amministrativo di Monaco ha accolto la richiesta delle sette famiglie, ordinando la costruzione del muro alto quattro metri, perché tale altezza è indispensabile, secondo gli esperti, per un efficace isolamento acustico.
“Piccolo particolare: il muro di Berlino era alto solamente 3,60 metri” – ha sottolineato Bucholtz e ha aggiunto: “Tutto ciò è pura follia, integrazione è altro, secondo il mio modesto parere”


Sintesi: Cornelia Isabelle Toelgyes




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I Minori Stranieri non Accompagnati

Muro alto quattro metri, perché i minori stranieri non accompagnati potrebbero disturbare

Il vicepresidente del Distretto bavarese Ramersdorf-Perlach, Guido Bucholtz, è scandalizzato per la costruzione di un muro ...
Le pressioni dell'Unione europea affinché l'Italia usi la "mano dura" nei confronti dei rifugiati e dei migranti hanno dato luogo a espulsioni illegali e a maltrattamenti che, in alcuni casi, possono equivalere a torture.

Lo rivela un rapporto reso pubblico oggi da Amnesty International, intitolato "Hotspot Italia: come le politiche dell'Unione europea portano a violazioni dei diritti di rifugiati e migranti".

Il rapporto mostra come il cosiddetto "approccio hotspot", promosso dall'Unione europea per identificare migranti e rifugiati al momento dell'arrivo, non solo abbia compromesso il loro diritto a chiedere asilo, ma abbia anche alimentato agghiaccianti episodi di violenza, con l'uso di pestaggi, elettroshock e umiliazioni sessuali.

"Determinati a ridurre il movimento di migranti e rifugiati verso altri stati membri, i leader europei hanno spinto le autorità italiane ai limiti, e talvolta oltre i limiti, della legalità" - ha dichiarato Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International sull'Italia.

"Il risultato è che persone traumatizzate, arrivate in Italia dopo esperienze di viaggio strazianti, vengono sottoposte a procedure viziate e in alcuni casi a gravi violenze da parte della polizia, così come a espulsioni illegali" - ha aggiunto de Bellis.

L'approccio hotspot è stato adottato per consentire l'identificazione e prendere le impronte digitali delle persone che arrivano nei paesi di frontiera dell'Unione europea, come l'Italia. Esso prevede una veloce valutazione dei loro bisogni di protezione e, a seconda dei casi, l'avvio della procedura d'asilo o il ritorno nei paesi di origine.

Il rapporto, basato su oltre 170 interviste a rifugiati e migranti, rivela gravi lacune in ciascuna di queste fasi.

Nell'apparente tentativo di ridurre la pressione sugli stati di frontiera come l'Italia, all'approccio hotspot è stato abbinato uno schema che prevede la ricollocazione dei richiedenti asilo in altri stati membri dell'Unione europea.

Tuttavia, questo aspetto solidale dell'approccio hotspot si è rivelato ampiamente illusorio: finora, 1200 persone sono state ricollocate dall'Italia rispetto alle 40.000 promesse, a fronte di oltre 150.000 nuovi arrivi via mare quest'anno. Le autorità italiane sono in prima linea negli sforzi per soccorrere persone lungo la pericolosa rotta del Mediterraneo.


Impronte digitali prese con la forza



L'approccio hotspot, introdotto nel 2015 su raccomandazione della Commissione europea, prevede che l'Italia prenda le impronte digitali a tutti i nuovi arrivati. Tuttavia, coloro che vogliono chiedere asilo in altri paesi - magari perché lì hanno già legami familiari - hanno un forte interesse ad evitare di farsi prendere le impronte digitali dalle autorità italiane, per non rischiare di essere rimandati in Italia in base al cosiddetto sistema di Dublino.

Sotto le pressioni dei governi e delle istituzioni dell'Unione europea, l'Italia ha adottato misure coercitive per prendere le impronte digitali. Amnesty International ha ricevuto denunce coerenti e concordanti di arresti arbitrari, intimidazioni e uso eccessivo della forza fisica per costringere uomini, donne e anche bambini appena arrivati a farsi prendere le impronte digitali.

Su 24 testimonianze di maltrattamenti raccolte da Amnesty International, in 16 si parla di pestaggi. Una donna di 25 anni proveniente dall'Eritrea ha riferito che un agente di polizia l'ha ripetutamente schiaffeggiata sul volto fino a quando non ha accettato di farsi prendere le impronte digitali.

In alcuni casi, migranti e rifugiati hanno denunciato di essere stati colpiti con bastoni elettrici. Questa è la testimonianza di un ragazzo di 16 anni originario della regione sudanese del Darfur:

"Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per prendere le impronte digitali]".

Un altro 16enne e un uomo di 27 anni hanno riferito di aver subito umiliazioni sessuali e dolore agli organi genitali. L'uomo ha raccontato ad Amnesty International che a Catania gli agenti di polizia l'hanno picchiato e sottoposto a scariche elettriche, poi lo hanno fatto spogliare e hanno usato una pinza dotata di tre estremità:

"Ero su una sedia di alluminio, con un'apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso".

Sebbene nella maggior parte dei casi il comportamento degli agenti di polizia rimanga professionale e la vasta maggioranza delle impronte digitali sia presa senza incidenti, le conclusioni del rapporto di Amnesty International sollevano gravi preoccupazioni e mettono in luce la necessità di un'indagine indipendente sulle prassi attualmente utilizzate.
 

Lo screening



L'approccio hotspot prevede che i nuovi arrivati in Italia siano esaminati al fine di separare i richiedenti asilo da coloro che sono considerati migranti irregolari. Ciò significa che persone spesso esauste e traumatizzate dal viaggio e senza accesso a informazioni adeguate sulle procedure d'asilo, devono rispondere a domande che possono avere profonde implicazioni per il loro futuro.

Una donna di 29 anni proveniente dalla Nigeria ha detto ad Amnesty International: "Non sapevo neanche come ero arrivata qui, piangevo... c'erano tantissimi poliziotti, mi sono spaventata. La mia mente era da un'altra parte, non ricordavo neppure il nome dei miei genitori".

In base alle nuove procedure, anziché limitarsi a domandare se intendono chiedere asilo, gli agenti di polizia devono chiedere ai nuovi arrivati di spiegare perché sono arrivati in Italia. Poiché lo status di rifugiato non è determinato dal motivo per cui una persona è arrivata in un paese ma dalla situazione cui andrebbe incontro in caso di rimpatrio, questo approccio è fondamentalmente difettoso.

Sulla base di interviste estremamente brevi, agenti di polizia che non hanno ricevuto una formazione adeguata sono chiamati a prendere a tutti gli effetti una decisione sui bisogni di protezione delle persone che hanno di fronte. Coloro che sono giudicati privi di un motivo per chiedere asilo ricevono un ordine di respingimento o di espulsione, incluso attraverso il rimpatrio forzato nel paese di origine, che può esporli a gravi violazioni dei diritti umani.


Le espulsioni



Sotto le pressioni dell'Unione europea, l'Italia sta cercando di aumentare il numero dei migranti rinviati nei paesi di origine, anche negoziando accordi di riammissione con paesi le cui autorità hanno commesso terribili atrocità.

Uno di questi accordi è stato firmato nell'agosto 2016 tra le autorità di polizia di Italia e Sudan. Consente procedure d'identificazione sommarie che, in determinate circostanze, possono essere espletate persino in Sudan a espulsione avvenuta.

Anche quando l'identificazione avviene in Italia, si tratta di una procedura talmente superficiale e così fortemente delegata alle autorità sudanesi da non poter garantire un esame individuale per determinare se nel caso specifico un individuo sarà o meno a rischio di subire violazioni dei diritti umani al suo rientro in Sudan. Queste procedure hanno già portato a casi di espulsioni illegali.

Il 24 agosto 2016, 40 cittadini sudanesi sono stati rinviati in aereo dall'Italia in Sudan. Amnesty International ha parlato con un 23enne originario della regione del Darfur, che ha descritto l'operato delle forze di sicurezza che erano già in attesa dell'atterraggio all'aeroporto di Khartoum:

"Ci hanno portato in una zona speciale all'interno dell'aeroporto e ho visto un uomo picchiato. Ci hanno interrogato uno per uno. Adesso ho paura che i servizi di sicurezza mi stiano cercando, se mi trovano non so cosa mi succederà e che cosa fare..."

"L'approccio hotspot, elaborato a Bruxelles e applicato in Italia, ha aumentato anziché diminuire la pressione sugli stati di frontiera e sta causando terribili violazioni dei diritti di persone disperatamente vulnerabili, violazioni per le quali le autorità italiane portano una responsabilità diretta e i leader europei una responsabilità politica" - ha sottolineato de Bellis.

"Le nazioni europee possono riuscire a rimuovere persone dal loro territorio ma non possono rimuovere i loro obblighi di diritto internazionale. Le autorità italiane devono porre fine a queste violazioni e assicurare che le persone non saranno respinte verso paesi dove rischiano persecuzione e tortura" - ha concluso de Bellis.


Ulteriori informazioni



Durante il 2016, Amnesty International ha svolto quattro missioni di ricerca in Italia, intervistando rifugiati e migranti e incontrando autorità e organizzazioni non governative a Roma, Palermo, Agrigento, Catania, Lampedusa, Taranto, Bari, Genova, Ventimiglia e Como. Il team di ricerca ha svolto 174 interviste con migranti e rifugiati e brevi conversazioni con molti altri di loro.

Amnesty International ha ripetutamente chiesto chiarimenti al ministro dell'Interno, proponendogli un confronto sulle preoccupazioni contenute in questo rapporto, ma finora non ha mai ricevuto risposta.

Usare la "mano dura" su migranti e rifugiati

Le pressioni dell'Unione europea affinché l'Italia usi la "mano dura" nei confronti dei rifugiati e dei migranti hanno d...
L'agenzia Europea per i diritti fondamentali in uno studio sulla situazione dei diritti cita più volte l'Italia come esempio negativo. "La tutela dei diritti dei minori non accompagnati che arrivano in Europa è a rischio e le risposte comunitarie continuano a essere carenti".

Lo Studio condotto tra settembre 2015 e settembre 2016 dice che dare a i minori non accompagnati "adeguate strutture specializzate" resta "una sfida" in vari Paesi, "come Bulgaria, Ungheria e Italia". 
In particolare, la carenza d'informazioni fornite ai minori "riguardo ai propri diritti e alla protezione internazionale" e per i ritardi nella nomina dei tutori, "fino a otto mesi", che impediscono "l'accesso all'accoglienza e al ricongiungimento famigliare".
L'agenzia UE dice inoltre che le procedure d'asilo per i minori si rivelano un percorso a ostacoli e, in Italia, Grecia e Bulgaria, "sono spesso state avviate senza la presenza di un tutore".

Cosa estremamente grave per un paese come l'Italia è essere citati per la forte riluttanza ad accogliere i migranti in piccoli comuni. I fatti di Gorino lo dimostrano.

Sebbene diversi Paesi Ue, tra cui Italia, Austria e Germania abbiano "fatto progressi nello sviluppo degli standard di accoglienza" - evidenzia la relazione - le reazioni negative delle comunità locali verso i migranti e le strutture di accoglienza sono "in aumento". I motivi delle proteste sono da ricercare soprattutto nella paura di "un danno economico per la popolazione locale" e di "un indebolimento della legalità". Gli episodi "xenofobi e razzisti", si legge infine nel documento, si verificano "in luoghi trasversali in tutti i Paesi dell'Ue". 

Italia carente nella protezione dei minori. E' quanto afferma l'agenzia Europea per i diritti fondamentali

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Il mondo di dentro. Il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma, redatto da Lunaria è un’analisi svolta a cinque anni dall’avvio della cosiddetta ‘Emergenza NordAfrica’, e a quasi due anni dai primi arresti e dalle ordinanze di custodia cautelare relativi all’indagine ‘Mondo di mezzo’. Attraverso lo studio dei dati e delle risorse stanziate, l’approfondimento del contesto capitolino, l’esame dei risvolti dell’indagine sul sistema di accoglienza, una serie di visite e di interviste a operatrici e operatori, Il mondo di dentro analizza i due principali rami in cui si articola la gestione dell’accoglienza a Roma: i Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas) e il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo (Sprar).




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Il mondo di dentro. Il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma

Il mondo di dentro. Il sistema di accoglienza per richiedenti asilo e rifugiati a Roma, redatto da Lunaria è un’analisi svolta a cinque an...
Il 26 ottobre 2016, per chi come me si occupa di minori migranti è stata una giornata storica. Infatti, la tanto attesa legge di riforma del sistema di accoglienza e protezione per i minori stranieri non accompagnati è stata approvata, con ampio consenso, in prima lettura a Montecitorio. L'approvazione di questa norma rappresenta e rappresenterà una svolta nel sistema di accoglienza dei minori migranti. Questa norma è prima nel suo genere in Europa, per cui si auspica che l’esempio italiano venga seguito presto anche da altri Paesi europei. Dalla procedura per accertare la minore età agli standard delle accoglienze; dalla promozione dell’affido familiare alla figura del tutore, dalle cure sanitarie all’accesso all'istruzione, tutti tasselli fondamentali di una buona integrazione. Questa legge organica interviene su aspetti fondamentali per la vita dei minori migranti che arrivano in Italia senza genitori. A mio avviso il vero elemento di svolta di questa norma è un nuovo approccio nella gestione dei minori non  accompagnati. Infatti, ancor prima che migranti o profughi, sono considerati bambini che nel loro essere minori soli sono estremamente vulnerabili e perciò più bisognosi di protezione e di cura.

Per la sintesi delle modifiche al sistema di accoglienza e protezione mi avvalgo della spiegazione pubblicata da Save The Children che riporto integralmente.


1. L’accertamento dell’età e l’identificazione dei minori soli non accompagnati.
Prima della legge non esisteva un provvedimento di attribuzione dell’età, con la legge questo dovrebbe essere notificato sia al minore che al tutore provvisorio, garantendo così anche la possibilità di ricorso.
Si garantisce inoltre maggiore assistenza, prevedendo anche la presenza di mediatori culturali durante tutta la procedura.
2. Un sistema organico di accoglienza in Italia, con strutture dedicate:
all’identificazione, che deve avvenire entro 30 giorni;
al passaggio nel sistema di protezione per richiedenti asilo e minori non accompagnati (SPRAR), con strutture diffuse su tutto il territorio nazionale.
Verrà inoltre attivata una banca dati nazionale per governare l’invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni, sulla base:
dei bisogni specifici dei minori stessi, identificati attraverso l’istituzione della “cartella sociale” che aiuterà gli operatori in contatto con il minore a conoscerlo meglio e ad identificare per lui la soluzione migliore di lungo periodo;
della disponibilità dei posti.
3. Il superiore interesse del minore, attraverso:
l’attenzione ai ricongiungimenti con i familiari attraverso apposite indagini familiari e la comunicazione degli esiti delle indagini sia al minore che al tutore;
la competenza sul rimpatrio assistito affidata al Tribunale per i minorenni, organo costituzionalmente dedicato alla determinazione dell’interesse del minore e non alla Direzione Generale dell’immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (un organo amministrativo non orientato all’interesse del minore).
l’introduzione dei permessi di soggiorno per i minori e per motivi familiari, qualora il minore non accompagnato sia sottoposto a tutela o in affidamento. Il minore potrà richiedere direttamente il permesso di soggiorno alla questura competente, anche in assenza della nomina del tutore.
Entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, ogni Tribunale per i minorenni dovrà istituire un elenco di tutori volontari disponibili ad assumere la tutela anche dei minori stranieri non accompagnati. La legge promuove anche l’utilizzo dell’affido familiare.
4. Il diritto all’istruzione e alla salute.
Fino ad ora impedimenti burocratici non hanno consentito negli anni ai minori non accompagnati di esercitare a pieno questi diritti, con la legge i minori potranno procedere all’iscrizione al Sistema Sanitario Nazionale anche in assenza di nomina del tutore e all’attivazione di specifiche convenzioni per l’apprendistato, e acquisire i titoli conclusivi dei corsi di studio, anche quando, al compimento della maggiore età, non si possiede più un permesso di soggiorno.
È prevista, infine, la possibilità, esercitata ad oggi sulla base di un vecchio Regio Decreto, di supportare il neomaggiorenne fino ai 21 anni di età, qualora necessiti di un percorso più lungo di integrazione in Italia.
5. Il diritto all’ascolto nei procedimenti amministrativi e giudiziari che li riguardano, anche in assenza del tutore, e all’assistenza legale.
I minori potranno avvalersi del gratuito patrocinio a spese dello Stato.
Le associazioni di tutela potranno ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per annullare atti della P.A. che si ritengono lesivi dei diritti dei minori non accompagnati e potranno intervenire nei giudizi che li riguardano.

Minori non accompagnati. La riforma spiegata in 5 punti

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