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L’UNHCR ha pubblicato quest’oggi il Report Desperate Journays, ViaggiDisperati, che analizza gli arrivi alle frontiere europee.
Il periodo di riferimento sono i primi 7 mesi del 2018, messe a confronto con quelle dello stesso periodo dell’anno scorso.
Il numero totale di rifugiati è diminuito del 41% rispetto allo scorso anno, con buona pace di quanti danno una visione falsa e allarmistica del fenomeno migratorio.
L’unico allarme è per coloro che non riescono a partire, braccati nell’inferno libico.
Molti hanno appreso la notizia “meno sbarchi” come qualcosa di positivo, un vanto, una medaglia al valore della capacità di governare.
Invece, questa è una cattiva notizia per due motivi:
1)    Molti di coloro che non riescono ad arrivare continuano, con buona pace dei governi Europei, a sperimentare qualunque forma di abuso. “Il 75% delle oltre 900 persone intervistate ha sperimentato qualche forma di abuso sulle rotte che portano in Libia e in Europa. Il 44% degli intervistati ha segnalato di aver assistito a una o più morti durante il viaggio. Di coloro che hanno viaggiato attraverso la Libia, il 64% ha riferito di abusi fisici, violenze o torture, il 45% ha detto di essere stato privato di cibo e il 41% dell'acqua. Il 30% ha riferito di essere stato sottoposto a pratiche di sfruttamento del lavoro e il 21% ha riferito di aver fatto esperienza di estorsione o corruzione, l'11% ha dichiarato di essere stato colpito o minacciato con armi e il 3% ha riferito di essere stato oggetto di abusi o sfruttamento sessuale (il 7% delle donne e il 2% degli uomini).”
2)    Al minor numero di arrivi corrisponde anche una più alta percentuale di morti.  
"Alla di fine luglio, quasi 1600 persone erano morte o disperse nel Mar Mediterraneo e lungo le rotte terrestri nel 2018, ad esclusione di coloro che sono morti lungo rotte da e verso il Nord Africa, come nel deserto del Sahara o in Libia. Nonostante i numeri più bassi di persone che attraversano il mare dalla Libia, una percentuale maggiore di persone muore in mare, con un decesso per ogni 18 persone che arrivano in Europa attraverso la rotta del Mediterraneo centrale tra gennaio e luglio di quest'anno rispetto a un decesso ogni 42 nello stesso periodo del 2017".
"Lungo le rotte terrestri anche in Europa, quest'anno si registrano più morti con 74 morti registrati nei primi sette mesi del 2018 rispetto ai 42 dello stesso periodo dell'anno scorso".
Per meglio rendere l’idea, durante tutto il 2017, 2.276 sono i migranti deceduti diretti verso Italia, contro i 1.095 del 2018, non ancora finito. Se consideriamo che gli arrivi, alla rilevazione di fine luglio, sono stati un quinto rispetto allo scorso anno, la proporzione delle persone scomparse o decedute è altissima.
Andando ad indagare su quanti minori stranieri non accompagnati sono arrivati in Europa nei primi sette mesi del 2018 ci accorgiamo che sono poco più di 3.500 rispetto agli oltre 13.300 nello stesso periodo dell'anno scorso. Quasi 2.900 minori non accompagnati sono arrivati in Italia, principalmente dalla Libia e dalla Tunisia.
Le nazionalità più rappresentate sono: Eritrea, Tunisia e Sudan.
Come gli adulti, anche i minori, secondo il rapporto UNHCR, sono soggetti ad abusi. Inoltre, "anche i bambini, sia accompagnati che non accompagnati, che sono stati intercettati o salvati al largo delle coste libiche dalla Guardia costiera libica sono trasferiti in strutture di detenzione al momento dello sbarco in Libia. Alla fine di luglio 2018, quasi 1.200 bambini erano stati trasferiti in detenzione in Libia".
Per completezza, il rapporto Viaggi disperati ci fornisce anche un altro dato interessante.
Soltanto in Italia si è registrato un brusco calo degli sbarchi, mentre in Spagna, gli arrivi, sia via terra, nelle Enclave Marocchine, che via mare, sono più che raddoppiati, passando da 12.100 nel 2017 a 27.600 nel 2018. Lo stesso è avvenuto in Grecia dove quest'anno sono arrivati 26.000 migranti contro i 13.800 dei primi sette mesi dello scorso anno.
Foto: Refugees were rescued by Sea Watch crew members after their rubber dinghy overturned spilling the passengers into the Mediterranean AMNON GUTMAN/AL JAZEERA


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UNHCR: Viaggi disperati, il Report. Un decesso ogni 18 persone che raggiungono l' Europa.

L’ UNHCR ha pubblicato quest’oggi il Report Desperate Journays, ViaggiDisperati, che analizza gli arrivi alle frontiere europee. Il p...
«Nel 2017 sono state registrate 728.470 richieste di protezione internazionale nell'Ue, pari a una diminuzione del 44% rispetto al 2016, ma esse restano a un livello più alto rispetto al periodo precedente alla crisi dei rifugiati, iniziata nel 2015». Lo si legge nel rapporto annuale su migrazione e asilo diffuso oggi da Easo, European Asylum Support Office, l'agenzia comunitaria che tiene monitorato questo settore. Il documento, di 264 pagine, afferma che «la pressione migratoria resta elevata alle frontiere esterne dell'Ue, ma è scesa per il secondo anno consecutivo, per lo più lungo le rotte del Mediterraneo orientale e centrale, mentre si è verificato un incremento senza precedenti lungo la rotta del Mediterraneo occidentale». «Siria (dal 2013), Iraq e Afghanistan costituivano i tre principali Paesi di origine dei richiedenti nell'Unione. Approssimativamente il 15% dei richiedenti proveniva dalla Siria, con l'Iraq in seconda posizione e l'Afghanistan in terza; ciascuno rappresentava il 7% delle richieste nell'Ue». Questi tre Paesi erano seguiti, nel 2017, da Nigeria, Pakistan, Eritrea, Albania, Bangladesh, Guinea e Iran.
«Nel 2017, analogamente al 2016, un po' più dei due terzi di tutti i richiedenti erano uomini e un terzo erano donneMetà dei richiedenti rientrava nella fascia di età compresa tra i 18 e i 35 anni e quasi un terzo erano minori», si legge nel rapporto Easo. In termini di decisioni adottate sulle domande inoltrate nei 28 Paesi Ue, nel 2017 sono state emesso 996.685 decisioni di primo grado, il 13% in meno rispetto al 2016. «La ri-duzione su base annuale riflette - spiega Easo - in maniera evidente il numero inferiore di richieste presentate». Di tutte le decisioni di primo grado emesse lo scorso anno, circa la metà (462.355) erano positive, ma questo tasso di riconoscimento generalmente positivo dell'Ue è stato di quattordici punti percentuali inferiore rispetto al 2016. «Nonostante il numero globalmente inferiore di decisioni emesse, il numero di decisioni negative è aumentato, passando da 449.910 nel 2016 a 534.330 nel 2017». Per quanto riguarda le decisioni positive, nel 2017 «c'è stato un netto calo della percentuale di decisioni che garantiscono lo status di rifugiato (50% rispetto al 55% del 2016) o la protezione sussidiaria (34% rispetto al 37%) con un incremento parallelo nella percentuale di quelle che garantiscono protezione umanitaria (15% rispetto all'8%)».
La Germania continua a essere il Paese che riceve il maggior numero di richieste di protezione internazionale(222mila lo scorso anno) ed è anche in cima alla lista delle decisioni assunte in materia. Delle 996mila decisioni complessive nell'Ue nel 2017, 524mila (53%) sono giunte dalla Germania. Tra gli altri Paesi che hanno emesso un gran numero di decisioni su asilo e protezione internazionale «si annoverano la Francia (11% del totale Ue), l'Italia (8%), la Svezia e l'Austria (6% ciascuno)». Per quanto riguarda l'accesso alla procedura, spiega ancora il rapporto Easo, nel 2017 «i principali paesi destinatari delle richieste di asilo sono stati Germania, Italia, Francia, Grecia e Regno Unito». I primi quattro Stati sono rimasti nella stessa posizione del 2016, mentre il Regno Unito ha sostituito l'Austria come quinto principale Paese destinatario. «Questi cinque Paesi, complessivamente, corrispondevano ai tre quarti di tutte le richieste presentate nell'Unione». La Germania è stata, come si diceva, il principale Paese destinatario per il sesto anno consecutivo di richieste di protezione internazionale. «Nonostante la riduzione del 70% delle richieste presentate nel 2017 rispetto al 2016, il numero totale di 222.560 richieste in questo Paese corrispondeva a quasi il doppio rispetto a qualunque altro Paese destinatario». L'Italia è stata il secondo principale Paese destinatario, con 128.850 richieste, seguita dalla Francia, con oltre 100mila richieste totali».
Nel 2017, 32.715 minori non accompagnati hanno fatto richiesta di protezione internazionale nell'Ue, la metà rispetto al 2016; la percentuale delle richieste dei minori non accompagnati rispetto all'insieme delle richieste si è attestata al 4%». Ovvero oltre 1.300 minori soli sono giunti in Ue per chiedere protezione. «Più di tre quarti di tutti i minori non accompagnati hanno fatto richiesta in cinque Paesi Ue: Italia, Germania, Grecia, Regno Unito e Svezia». Il commento di Easo è il seguente: «La presenza di minori non accompagnati ha comportato una serie di sviluppi nei paesi Ue, tra i quali, in particolare, l'istituzione e il miglioramento di modalità specializzate di accoglienza e di cura alternativa, la revisione delle norme per la nomina dei tutori e accordi procedurali relativi alla valutazione e alla garanzia del miglior interesse del minore». Analogamente, «le strutture e i servizi di accoglienza specializzati sono stati al centro degli sviluppi relativi ad altri gruppi vulnerabili e molti Paesi hanno creato strutture specializzate, nonché meccanismi di identificazione e di rinvio». Inoltre «la società civile ha sottolineato la necessità di ulteriori sforzi da compiere» per l'accoglienza, cura e tutela dei minori migranti che giungono in Europa.

Annual Report on the Situation of Asylum in the European Union

The situation of asylum in the EU 2017: Overview
Fonte: Sir

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Ue, rapporto Easo. Oltre 700mila richiedenti asilo in Europa nel 2017. In testa Siria, Iraq e Afghanistan

«Nel 2017 sono state registrate 728.470 richieste di protezione internazionale nell'Ue, pari a una diminuzione del 44% rispetto al 2...
18.916 le domande presentate, contro le 37.915 delle stesso periodo nel 2017, secondo uno studio della Fondazione Ismu: Calo drastico frutto degli accordi Italia – Libia.
Un terzo delle domande da nigeriani, bangladeshi e pakistani.
Aumentano in proporzione invece i minori non accompagnati: nel 2017 sono stati oltre 9.700, il numero più elevato del quadriennio preso in esame (erano 2.500 nel 2014) e il 73,5% in più rispetto al 2016.
Nel primo trimestre 2018 però gli oltre 1.800 minori soli che hanno fatto domanda di asilo nel nostro Paese costituiscono il 9,7% del totale dei richiedenti, mentre erano il 6% nello stesso periodo dell’anno precedente e il 5% nel 2016.
Il calo delle richieste d’asilo va di pari passo con la diminuzione degli sbarchi. Se in Italia nel 2016 si registrava la cifra record di 181mila arrivi (tra questi ben 26mila minori non accompagnati), nel 2017 i migranti approdati sulle nostre coste sono scesi a 119mila.
L’Italia conquista il primato in Europa per numero di minori stranieri non accompagnati che richiedono asilo. Se il dato complessivo nei paesi Ue si è dimezzato rispetto all’anno precedente (31.800 richieste nel 2017 contro le oltre 63mila del 2016), in Italia il trend è in continua crescita. Il nostro Paese supera la Germania e diventa primo destinatario di minori soli in cerca di protezione: oltre 9.900 domande (dati Eurostat), pari a quasi un terzo del totale delle domande presentate in tutti i Paesi Ue.

Leonardo Cavaliere 

L'Italia diventa primo destinatario di minori soli in cerca di protezione

18.916 le domande presentate, contro le 37.915 delle stesso periodo nel 2017, secondo uno studio della Fondazione Ismu: Calo drastico fru...
In base ai dati presentati dall'ISMU nel proprio report, basato sui dati del Ministero dell'Interno, le domande presentate nel 2017 da parte dei minori stranieri non accompagnati sono aumentate del 73,5% rispetto all'anno precedente e rappresentano il numero più elevato del quadriennio preso in esame (erano 2.500 nel 2014).
 9782 le domande presentate nel 2017 secondo i dati della Commissione Nazionale per il diritto di asilo.


Si tratta soprattutto di maschi (93%) e quasi-adulti: solo 82 domande riguardano minori di 13 anni. 

Più di un quinto dei richiedenti asilo minori soli giunge dal Gambia; seguono i nigeriani (12%) e i giovani provenienti dal Bangladesh (11,4%). Delle 6200 domande esaminate nel 2017, 4.405 minori hanno ottenuto la protezione umanitaria (71% dei casi), mentre il 18,8% delle domande ha avuto esito negativo.
Il valore è di molto inferiore rispetto alla media generale (52,4%). 

Il 79% dei minori soli aveva 18 anni o più al momento in cui ha ricevuto la decisione dalla Commissione, dunque giovani che hanno ottenuto uno status in età adulta a fronte di una domanda presentata da minorenni.

I dati ci dicono che nonostante un elevato numero di domande presentate da parte di migranti provenienti dal Bangladesh, soltanto il 36% delle domande sono state accolte.
Oltre ai minori provenienti dal Bangladesh gli altri migranti che hanno ricevuto un diniego superiore alla percentuale del 60% delle domande presentate sono i migranti nigeriani, senegalesi e pakistani.

Riguardo ai dati relativi al programma di “relocation” avviato a settembre 2015 dalla Commissione Europea a beneficio dell’Italia e della Grecia, i Paesi europei maggiormente soggetti alla pressione del fenomeno migratorio, tra i trasferiti abbiamo un totale di 1083 minori accompagnati e soltanto 99 minori soli. 

Nel 2017 sono stati 9.782 le domande di asilo presentate da minori non accompagnati

In base ai dati presentati dall'ISMU nel proprio report, basato sui dati del Ministero dell'Interno, le domande presentate nel 20...
I diritti, la protezione e il benessere dei bambini sradicati, “sperduti”, dovrebbero essere al centro degli impegni delle politiche migratorie globali. È quanto sottolinea oggi l'UNICEF in vista dell’incontro sulle migrazioni sicure e regolate, in programma a Puerto Vallarta – in Messico – dal 4 al 6 dicembre.
Alla vigilia dell’incontro, l'UNICEF lancia “Oltre le frontiere/Beyond Borders: How to Make the Global Compacts on Migration and Refugees work for Uprooted Children", un nuovo rapporto che evidenzia le migliori pratiche per la cura e la protezione dei bambini rifugiati e migranti. Il rapporto contiene esempi pratici del lavoro di governi, partner della società civile e comunità di accoglienza per sostenere e integrare i bambini “sperduti” e le loro famiglie.
L’incontro in Messico rappresenta un passo importante verso la stesura del Global Compact sulle migrazioni, un accordo intergovernativo di riferimento che coprirà tutte le dimensioni della migrazione internazionale. È il momento in cui i leader mondiali cominceranno a creare un consenso sugli impegni politici e finanziari in linea con la Dichiarazione di New York per i Rifugiati e i Migranti e con la Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
“I leader globali e i responsabili politici che si riuniscono a Puerto Vallarta possono lavorare insieme per rendere la migrazione sicura per i bambini", ha dichiarato Ted Chaiban, Direttore dei programmi dell'UNICEF. “Il nostro nuovo rapporto mostra che è possibile, anche in paesi con risorse limitate, attuare politiche, servizi e investimenti che sostengano efficacemente i bambini rifugiati e migranti nei loro paesi d'origine, mentre attraversano le frontiere e quando raggiungono le loro destinazioni".
Dal rapporto emerge che 50 milioni di bambini sono coinvolti nelle migrazioni a livello mondiale, 28 milioni dei quali sono stati sfollati a causa di conflitti.
200.000 minori non accompagnati hanno presentato domanda di asilo in circa 80 paesi nel periodo 2015-2016; 100.000 minorenni non accompagnati sono stati arrestati al confine tra Stati Uniti e Messico nel 2015-2016.
I bambini rappresentano circa il 28% delle vittime della tratta di esseri umani a livello globale. L'Africa subsahariana e l'America centrale e caraibica registrano la percentuale più alta di bambini tra le vittime della tratta di esseri umani scoperte, pari rispettivamente al 64% e al 62%.
I bambini rifugiati e migranti sono particolarmente vulnerabili alla xenofobia, agli abusi, allo sfruttamento sessuale e alla mancanza di accesso ai servizi sociali. Secondo il rapporto, è indispensabile disporre di politiche che li proteggano nel corso del loro viaggio.
Il rapporto presenta casi studio riusciti di tutto il mondo, tra cui l'attuazione di norme minime di protezione per i bambini rifugiati in Germania, sistemi transfrontalieri di protezione dell'infanzia nell'Africa occidentale e la ricerca di alternative alla detenzione di bambini migranti in Zambia. Altri paesi citati nel rapporto sono Afghanistan, Italia, Giordania, Libano, Sud Sudan, Vietnam, Uganda e Stati Uniti. Ogni iniziativa può essere replicata in diversi contesti e può offrire informazioni per azioni e cambiamenti di politica incentrati sui bambini, a livello nazionale, regionale e globale, da concordare nell’ambito del Compact.

Italia 

Per quanto riguarda l’Italia il rapporto mette in evidenza come buona pratica l’adozione della legge n. 47/2017 recante "Disposizioni in materia di misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati", meglio conosciuta come Legge Zampa. Il rapporto, in particolare, sottolinea come un eguale trattamento dal punto di vista legislativo sia cruciale per il processo di inclusione sociale dei minorenni migranti. La nuova legge, in questo senso, crea una cornice legislativa per la protezione dei minorenni stranieri non accompagnati (MSNA) e definisce un sistema nazionale organico di protezione e accoglienza, a rafforzamento degli strumenti di tutela già garantiti dall'ordinamento e per assicurare omogeneità nell'applicazione delle disposizioni in tutto il territorio nazionale.
Inoltre, nel rapporto c’è la testimonianza di un ragazzo che dall’Africa occidentale è migrato in Italia, resa sotto forma di intervista ad una sua coetanea italiana. Nelle sue parole è possibile ritrovare le difficoltà del viaggio e dell’impatto con il nuovo Paese, ma anche la speranza di un futuro migliore: “[l’Italia] l’ho trovata diversa [da come l’immaginavo] perché non avevo mai avuto esperienza di un tale livello di razzismo… Sono consapevole del fatto che non tutti sono razzisti; in una società ci sono persone buone e persone cattive… Sono interessatissimo alla lotta al razzismo e alla discriminazione. Dal mio punto di vista dovrebbero essere eliminati poiché stanno davvero compromettendo lo sviluppo mondiale”.

Il rapporto presenta inoltre il programma d'azione dell'UNICEF in sei punti, che costituisce la base delle politiche volte a proteggere i bambini rifugiati e migranti e a garantirne il benessere:

1. Proteggere i bambini rifugiati e migranti, in particolar modo quelli non accompagnati, da sfruttamento e violenza.
2. Porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti, introducendo una serie di alternative pratiche.
3. Tenere unite le famiglie, come migliore mezzo per proteggere i bambini e dare loro il riconoscimento di uno status legale.
4. Consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità.
5. Chiedere di intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati.
6. Promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei paesi di transito e di destinazione. (aise)

Report Oltre le frontiere/Beyond Borders: How to Make the Global Compacts on Migration and Refugees work for Uprooted Children



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OLTRE LE FRONTIERE: IL RAPPORTO UNICEF SUI BAMBINI MIGRANTI

I diritti, la protezione e il benessere dei bambini sradicati, “sperduti”, dovrebbero essere al centro degli impegni delle politiche migra...
L'Agenzia delle Nazioni Unite per le Migrazioni, IOM, riferisce che il numero dei migranti entrati in Europa, via mare, al 24 Novembre 2017 sono 161.010. Il 75% degli arrivi ha riguardato l'Italia e il resto è suddiviso tra Grecia, Cipro e Spagna.
I dati del 2016, per lo stesso periodo, erano più del doppio, 345.831.
In particolare, per l'Italia abbiamo una riduzione del 32% degli arrivi (114.673 migranti via mare) nello stesso periodo.

A questo dato vanno aggiunti i 1147 migranti salvati nelle 11 operazioni di salvataggio avvenute il giorno 22 Novembre.

I salvataggi sono stati effettuati dalla Guardia Costiera Italiana, dalla Marina Militare Italiana, dalla nave della Marina irlandese Le Niamh e dalla nave della Marina spagnola Cantabria, e dalle ONG Aquarius, Seefuchs, Lifeline e Seawatch. 
Secondo il Ministero dell'Interno italiano, i principali paesi di origine dei migranti che arrivano via mare in Italia sono Nigeria, Guinea, Bangladesh, Costa d'Avorio e Mali. 
L'IOM, ha registrato, tramite il progetto Missing Migrants Project, la morte di 5080 persone  nel mondo nel tentativo di varcare i confini.
Il Meditteraneo Centrale anche quest'anno ha il triste primato delle vittime dell'immigrazione. Quest'anno il totale delle vittime è pari a 2.993.

Leonardo Cavaliere 

Ulteriori informazioni sul Missing Migrants Project: http://missingmigrants.iom.int


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161.010 migranti entrati in Europa, via mare, nel 2017. Morti quasi 3.000

L' Agenzia delle Nazioni Unite per le Migrazioni, IOM , riferisce che il numero dei migranti entrati in Europa, via mare, al 24 Novem...
Un nuovo rapporto rilasciato oggi dall’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, evidenzia i cambiamenti in atto nelle rotte usate da rifugiati e migranti per raggiungere l’Europa nel terzo quadrimestre del 2017.

“Nei mesi scorsi la rotta via mare verso la Grecia ha guadagnato popolarità, gli arrivi via mare in Italia sono diminuiti e abbiamo assistito ad una crescente diversificazione dei viaggi intrapresi da migranti e rifugiati per raggiungere l’Europa”, riferisce Pascale Moreau, Direttrice dell’Ufficio per l’Europa dell’UNHCR.

Il numero delle persone che hanno attraversato il Mediterraneo dalla Libia all’Italia è fortemente calato, 21.700 persone sono arrivate tra luglio e settembre, il numero più basso degli ultimi quattro anni per lo stesso periodo di riferimento.

Secondo il rapporto, nel corso del terzo quadrimestre dell’anno è fortemente aumentato il numero di persone che sono arrivate in Italia partendo dalla Tunisia, dalla Turchia e dall’Algeria, e la maggior parte degli arrivi in Europa, lungo la rotta del Mediterraneo sono costituti da persone di nazionalità siriana, marocchina e nigeriana.

La Grecia ha visto un aumento degli arrivi via mare e via terra fin dall’estate. Solo a settembre circa 4.800 persone hanno raggiunto le coste greche, il numero più alto in un solo mese dal Marzo 2016. Circa l’80 per cento degli arrivi via mare in Grecia sono costituiti da siriani, iracheni e afghani, di questi due terzi sono donne e bambini.

Parallelamente, la Spagna ha visto un aumento del 90 per cento degli arrivi via terra e via mare nel terzo quadrimestre del 2017, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La maggior parte di questi, 7.700 persone, arriva da Marocco, Costa d’Avorio e Guinea, ma gli arrivi via terra sono costituiti per la maggior parte da siriani.

Il rapporto evidenzia inoltre la ripresa, nel corso dell’estate, degli arrivi in Romania dalla Turchia, attraverso il Mar Nero (per la prima volta dal febbraio del 2015) così come un massiccio incremento degli arrivi a Cipro dall’inizio dell’anno.

“Nonostante la riduzione degli arrivi attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, migliaia di persone continuano ad intraprendere viaggi disperati verso l’Europa,” riferisce Moreau, che ha sottolineato con profonda preoccupazione che al 20 novembre quasi 3.000 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare e altre 57 via terra o ai confini europei nel 2017. I numeri effettivi potrebbero essere più alti, ha aggiunto.

Il rapporto sottolinea, inoltre, la difficile situazione che vivono molte donne e ragazze vittime di tratta e quella di 15.200 minori non accompagnati e separati che sono arrivati finora in Europa quest’anno.

Il rapporto mostra poi che i movimenti di persone che cercano di oltrepassare i confini terrestri continuano anche negli ultimi tre mesi nonostante i respingimenti ad opera di alcuni Paesi. Queste pratiche dovrebbero essere investigate ed eliminate, si legge nel rapporto.

“L’UNHCR continua a chiedere maggiore accesso a vie legali e sicure, quali il ricongiungimento famigliare e il reinsediamento in Europa. È importante anche assicurare che le persone abbiano accesso alle procedure di asilo nei paesi europei” ha riferito Moreau. “Siamo estremamente grati per i contributi finora effettuati dagli Stati, tuttavia serve ancora molto per soddisfare la richiesta di 40.000 posti di reinsediamento effettuata lo scorso settembre per i rifugiati che si trovano in 15 paesi prioritari lungo la rotta del Mediterraneo centrale” ha aggiunto.

Il rapporto completo è disponibile al seguente link: https://data2.unhcr.org/en/documents/details/60865

Comunicato Stampa UNHCR




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Nuovo rapporto UNHCR evidenzia cambiamenti rispetto ai rischiosi viaggi di migranti e rifugiati verso l’Europa

Un nuovo rapporto rilasciato oggi dall’ UNHCR , Agenzia ONU per i Rifugiati, evidenzia i cambiamenti in atto nelle rotte usate da rifugia...

Quest'oggi presso la Sede dell'Anci è stato presentato il nuovo Rapporto sulla Protezione internazionale in Italia 2017.

Realizzato, per il quarto anno consecutivo, da Anci, Cittalia – Sprar, Caritas Italiana e Fondazione migrantes, in collaborazione l’Unhcr, lo studio offre spunti e dati per raccontare un fenomeno, quello delle migrazioni forzate, in costante evoluzione.

Nel mondo ogni minuto 20 persone sono costrette a fuggire. Alla fine del 2016 erano 65,6 milioni i Migranti forzati, con un aumento di 300.000 casi rispetto all'anno precedente. Oltre 40 milioni sono gli sfollati interni e 22,5 milioni i rifugiati. La metà e' rappresentata da bambini. Il 55% dei rifugiati di tutto il mondo proviene da tre Paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan. Con quasi 3 milioni di rifugiati la Turchia e' il Paese che ne ospita di piu'. I Paesi che hanno ricevuto il maggior numero di richieste d'asilo nel mondo nel corso dell'anno 2016 sono la Germania e gli Stati Uniti.

A livello di Unione europea le richieste di protezione internazionale sottolineano invece un trend negativo gia' a partire dal 2016 con 1.259.955 domande (-4,8% rispetto all'anno precedente). Ci si attende un'ulteriore flessione a fine 2017, dovuta tra l'altro alla significativa diminuzione dei flussi dalla Libia a seguito dell'accordo siglato con l'Italia. I primi 6 mesi del 2017 confermano questa previsione con il 43,3% di domande in meno rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La Germania rimane il primo Paese per numero di richieste con oltre 745 mila casi, seguita a grande distanza dall'Italia con circa 123 mila casi, dalla Francia con 84 mila e dalla Grecia con 51 mila. Questi 4 Paesi insieme totalizzano il 79,6% delle richieste di protezione internazionale presentate nell'Unione europea nel 2016.
La Germania è al primo posto anche per incidenza di richieste di asilo sulla popolazione residente mentre l'Italia è al decimo posto, rispettivamente con 9 e 2 domande ogni mille abitanti.
Quasi tutti i Paesi dell'Europa centro-orientale, a conferma delle politiche nazionali di chiusura, hanno visto diminuire sensibilmente le richieste con punte del -83,4% in Ungheria. Nel 2016 la Siria (342 mila), l'Afghanistan (190 mila) e l'Iraq (131 mila) sono risultate le prime tre nazionalita' per numero di richieste in Europa, seguite da Pakistan, Iran ed Eritrea.
Evidentemente l'accordo con la Turchia ha sortito i suoi effetti se si considera che in un anno l'arrivo di siriani e' diminuito dell'11% circa.
I dati relativi al 2017 confermano un ulteriore, sensibile, diminuzione. Anche con l'Afghanistan e' stato firmato un accordo da parte dell'Ue per contenere i flussi irregolari e facilitare i rimpatri.

La crisi migratoria del 2015 ha visto crescere sensibilmente i cosiddetti casi Dublino che nel 2016 hanno superato le 141 mila richieste di cui il 45,8% hanno riguardato l'Italia, principale porta di ingresso in Europa, seguita dalla Germania e dalla Bulgaria. La maggioranza dei casi Dublino riguarda la ripresa in carico (richiedente la cui domanda e' in corso d'esame e che ha presentato domanda in un altro paese) che arriva al 95,5% dei casi in Bulgaria. Gli oltre 4 mila trasferimenti fatti in Italia provengono soprattutto da Svizzera, Germania e Austria. Il programma di ricollocazione, previsto dall'Agenda europea, il cui obiettivo era quello di alleggerire la pressione dei flussi sui due principali Paesi di ingresso, Italia e Grecia, si e' dimostrato fallimentare.

In Italia si regista un 44% in più delle domande di protezione nel 2017.
77.449 richieste nei primi 6 mesi dell'anno. 
Le richieste arrivano per lo piu' da nigeriani (15.916) e bengalesi (7.413) e gia' nel 2016, con 123 mila domande, si era registrato un aumento del 47% sul 2015.

Il profilo del richiedente è: africano (70% dei casi), di genere maschile (85%), tra i 18 e i 34 anni (80,2%).
I primi cinque Paesi di origine sono, nell'ordine, Nigeria (27.289), Pakistan (13.510), Gambia (9.040), Senegal (7.723) e Costa d'Avorio (7.419).
Nel primo semestre del 2017 le domande complessivamente esaminate ammontano a 41.379; circa 4,3 su 10 hanno avuto esito positivo (status di rifugiato: 9%; protezione sussidiaria: 9,8%; permesso per motivi umanitari: 24,5%). Per il 51,7% l'esame si è concluso con un diniego.

Calano gli sbarchi in Italia e continuano ad aumentare le richieste di protezione. Al 30 ottobre 2017 il calo degli sbarchi in Italia e' del 30% rispetto allo stesso periodo del 2016. I comuni italiani coinvolti nell' accoglienza dei richiedenti asilo sono 3.231 il 40% del totale.  Le regioni più accoglienti sono la Lombardia e la Campania in termini assoluti ma è "in Toscana ed Emilia Romagna che si è quasi pienamente realizzato il principio dell' accoglienza diffusa" con l'83% dei Comuni della Toscana che accoglie richiedenti asilo e il 78,1% in Emilia Romagna.

Un capitolo a parte merita il tema dei minori: al 25 ottobre 2017 sono sbarcati sulle nostre coste 14.579 minori (in tutto il 2016 erano stati 25.846). Il 93,2% sono minori soli. La maggior parte di essi proviene da Guinea, Costa d'Avorio, Bangladesh. Al 30 settembre 2017 sono 18.491 i minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, accolti in 2.039 strutture. Rimangono ancora criticita' legate soprattutto all'eccessiva durata della permanenza nei centri di prima accoglienza e all'esiguo numero di strutture dedicate e di posti nello Sprar, nonche' alle difficolta' dei Comuni di attivare una presa in carico economicamente sostenibile.

Minori Non Accompagnati

Nel primo semestre del 2017 sono sbarcati sulle nostre coste 14.579 minori (circa il 4% in piu' dello stesso periodo dell'anno precedente). Il 93,2% sono minori soli. La maggior parte di essi proviene da Nigeria, Guinea, Gambia, Costa d'Avorio, Bangladesh. Nello stesso periodo di riferimento, le domande di protezione internazionale presentate da MSNA sono state 4.500, per il 93% da minori di sesso maschile, quasi interamente (99%) ricompresi nella fascia di eta' 14-17 anni.
Fra i MSNA richiedenti protezione internazionale prevalgono i gambiani, i nigeriani, seguiti dai bengalesi. Quanto all'esito delle domande presentate, la maggior parte si e' tradotta in una proposta di protezione umanitaria (69,1%), il 4,9% nel riconoscimento dello status di rifugiato e il 3,8% nella protezione sussidiaria. I dinieghi rappresentano il 20,4%.
I dati evidenziano altresi' che alle poche femmine viene riconosciuto in misura nettamente maggiore lo status di rifugiato, mentre i dinieghi sono quasi esclusivamente per i maschi.
Inoltre la protezione umanitaria viene piu' frequentemente riconosciuta ai minori della fascia 14-17 anni; cosi' come ai minori di 13 anni lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria.
I minori diniegati provengono per lo piu' dal Bangladesh o dalla Costa d'Avorio; mentre quelli che ottengono piu' frequentemente lo status di rifugiato sono i minori provenienti dalla Nigeria, la protezione sussidiaria i maliani e la protezione umanitaria i gambiani.
In tema di minori stranieri non accompagnati (MSNA) il 2017 e' stato l'anno di approvazione della legge 47/17. Questa legge e' intervenuta in materia di accertamento dell'eta' del minore, stabilendo una procedura in cui viene assegnata centralità sia agli esiti del colloquio che il minore terrà con personale specializzato, all'arrivo nella struttura di accoglienza, sia alla valutazione multidisciplinare che dovra' essere svolta in caso di persistenza di dubbi.
Viene inoltre stabilita la competenza dell'adozione degli atti relativi ai MSNA al Tribunale per i minorenni; e si prevede l'istituzione, presso lo stesso Tribunale, di un elenco di "tutori volontari" dei minori. Il sistema di prima accoglienza dedicato esclusivamente ai minori viene integrato con quello dello SPRAR, indipendentemente dalla richiesta di protezione internazionale, per cui dopo la prima accoglienza in strutture governative a loro espressamente destinate (la cui durata viene ridotta da 60 a 30 giorni), i minori dovranno essere inseriti nel sistema di protezione per richiedenti asilo, tendendo conto delle esigenze e delle caratteristiche del minore (emerse durante il colloquio), in relazione alla tipologia dei servizi offerti dalla struttura e dal progetto SPRAR.
In caso di indisponibilita' di strutture di prima accoglienza o di posti nello SPRAR e' previsto che l'assistenza e l'accoglienza del minore siano temporaneamente assicurate dalla pubblica autorita' del Comune in cui il minore si trova, accedendo ai contributi messi a disposizione dal ministero dell'Interno a valere sul Fondo nazionale per l'accoglienza dei MSNA.
I dati della Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche dell'integrazione del ministero del Lavoro al 30 aprile 2017 riportavano 15.939 MSNA complessivamente presenti in Italia, di cui il 26,1% accolti in centri di prima accoglienza e il 65,8% in strutture di seconda accoglienza, per un totale di 1.917 strutture complessivamente censite.
Nell'accoglienza rimangono ancora criticita' legate soprattutto all'eccessiva durata della permanenza nei centri di prima accoglienza e all'esiguo numero sia di strutture dedicate alla prima accoglienza che di posti nello SPRAR, nonche' alle difficolta' dei Comuni di attivare una presa in carico economicamente sostenibile. L' accoglienza è sempre più straordinaria. + 258% presenze nei Cas, oltre 158 mila nei Cas, mentre 31 mila negli Sprar.

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I Minori Stranieri non Accompagnati

Rapporto sulla Protezione internazionale in Italia 2017

Quest'oggi presso la Sede dell'Anci è stato presentato il nuovo Rapporto sulla Protezione internazionale in Italia 2...

Migliaia di minori rifugiati bloccati alle porte dell'Europa.

Dopo essere fuggiti dalla guerra e dalle difficoltà dei propri luoghi natii, i minori stranieri non accompagnati sono bloccati in Serbia, sognando un'Europa che non li vuole.
Un paio di rifugiati afghani che vivevano nella cosiddetta ‘giungla’, una striscia di piccole foreste lungo il confine con la Croazia. I bambini, di età compresa tra 12 e 16 anni, dormivano da settimane in una tenda nascosta da fili arcuati e intrecciati quasi a formare un abbraccio.
Il loro rifugio era adiacente al limes che speravano di percorrere, seguendo le linee ferroviarie color ruggine che collegano la Serbia, non membro dell'UE, con la Croazia, che invece lo è. Avevano già tentato di attraversarlo più volte, ma sono stati rispediti indietro più volte dalle guardie di frontiera croate che a volte li hanno picchiati e hanno sottratto loro la cosa più necessaria: le scarpe.
In lontananza, poco vicino alla Croazia, un paio di luci rosse lampeggiavano, come se rinforzassero il messaggio: Stop. Stai fuori. L'Europa non ti vuole.
Saddam Emal, ha gli occhi verdi, 12 anni, piccolo e indifeso. Era a inizio primavera, e aveva già viaggiato per sette mesi, un viaggio di quasi 3.500 miglia, intrapreso senza famiglia e aiutato dai trafficanti.
In un'epoca in cui molti minori non attraversano la strada senza essere accompagnati da un adulto, Emal aveva camminato dalla sua casa assediata durante la guerra nella provincia di Nangarhar, in Afghanistan, attraverso il Pakistan, l'Iran e la Turchia, fino al primo stato dei confini Europei, da dove lui e altri rifugiati che ho incontrato hanno detto di essere stati ricacciati dietro con metodi violenti in Serbia.
Emal è uno dei circa 300.000 minori rifugiati che hanno fatto viaggi simili nel 2015 e nel 2016 – periodo in cui i minori non accompagnati sono aumentati di cinque volte rispetto agli anni precedenti. Si sono uniti a un flusso globale senza precedenti di persone che fuggono dalle difficoltà e dall'oppressione. Almeno 170.000 di questi minori hanno chiesto asilo in Europa. Emal sogna di arrivare in Germania.
Per ora, come migliaia di altri rifugiati, è bloccato in Serbia, alla frontiera, da marzo 2016.
Secondo Michel Saint-Lot, rappresentante in Serbia dell'UNICEF, il 46% dei 7.000 profughi in Serbia sono bambini. La maggior parte arrivano dall'Afghanistan, e uno su tre non è accompagnato da un adulto. I ragazzi come Emal che cercano di proseguire il loro viaggio, dice Saint-Lot, sono vittime di contrabbandieri, predatori sessuali e trafficanti.
Io chiedo a questi ragazzi se "Non è comunque meglio qui che da dove provengono " " Sono d'accordo, dicono, ma vogliono andare in Europa, non rimanere in Serbia.” È preoccupato dell’atteggiamento tenuto verso i minori da parte degli stati Europei che spesso li tengono in centri di detenzione, picchiati o rispediti al paese di origine in modo forzato, in violazione delle convenzioni. Secondo Saint-Lot, la maggior parte dei minori non vuole restare in Serbia, e alcuni si stanno "demoralizzando, perché non vedono alcun cambiamento. Non vedono alcun futuro".

Emal ha tentato e fallito 18 volte a partecipare a ciò che i giovani rifugiati chiamano il ‘gioco’, che consiste nel trovare un passaggio verso l’Europa tra i confini sorvegliati dei paesi limitrofi. E’ determinato ad andare avanti, non appena potrà permettersi un altro paio di scarpe. "Numero 42”, indicando i calzini grigi sporchi sui piedi.

L'ultima luce del giorno trafiggeva il baldacchino a botte che ricopriva Emal e il suo amico di 16 anni, Faisal Saleem, mentre preparavano la cena. Emal ha utilizzato un voucher di 3000 dinari serbi (circa 27 dollari), ricevuto da una ONG e distribuito in un centro per rifugiati, per acquistare le provviste. Con il voucher ha acquistato qualche pezzo di pollo, olio da cucina, verdure e tre pagnotte di pane.
"Sono molto stanco; è molto dura" dice mentre metteva il pollo in una pentola annerita sul fuoco. "Bastonato in Bulgaria, picchiato in Iran, bloccato in Serbia. In tre settimane mi sono lavato una volta. A casa facevo la doccia ogni giorno".
Cucinare e badare a sé stessi, districarsi in un mondo sotterraneo di migranti, sopravvissuti alla guerra e conflitti, questi bambini stanno portando le speranze delle loro famiglie sulle spalle. Anche se la Serbia ospita 18 strutture governative che forniscono cibo e alloggio per i rifugiati, Emal e il suo amico preferiscono stare vicini al confine il più possibile per continuare a provare a passare.
I ragazzi sono consapevoli dei pericoli. Parlano di amici pugnalati e derubati dai serbi, di un pakistano di 16 anni, recentemente ucciso mentre cercava di saltare su un treno in arrivo, di giorni in cui erano affamati. "In questo giorno Dio ci ha dato cibo", ha detto Emal. "Un altro giorno ..."
Emal ha tagliato il pollo, poi ha aggiunto dei peperoni. Emal è il figlio maggiore. Non parla con sua madre, vedova, da quando gli è stato rubato il telefono, tre mesi prima. Il suo amico Saleem gli aveva offerto il suo telefono, ma Emal non riesce a ricordare il suo numero in Afghanistan. Sorrise sorpreso. "Prego per mia madre. Mi manca "disse. "Lei è brava a cucinare il pollo".

DIVENTARE UN UOMO SOLO

In una zona verde nel centro di Belgrado, che i rifugiati e i volontari chiamano parco afghano, il 15enne Inamullah Mohammed è seduto su una panchina accanto ad altri rifugiati, sperando di raccogliere suggerimenti su come entrare nell'UE.
"Sono qui due o tre volte a settimana perché se non chiedo consiglio, come faccio?" Ha detto. "Non posso restare".

Come Emal, Mohammed viene dalla provincia di Nangarhar dell'Afghanistan. Anche lui è figlio maggiore. È partito da casa da 18 mesi perché, ha detto, "i talebani volevano che mi unissi a loro", e anche se aveva trascorso la metà di quel tempo in Serbia, lo considerava ancora una sconfitta temporanea.
Mohammed viveva in un centro governativo per rifugiati, ma aveva trascorso un durissimo inverno in un magazzino abbandonato adiacente alla stazione ferroviaria centrale di Belgrado, a pochi passi dal parco afghano. Lui era accovacciato lì con altri ragazzi e uomini in uno spazio sporco senza riscaldamento, servizi igienici o elettricità.
Il magazzino è stato demolito a maggio, reso macerie come le zone di guerra dai quali i minori erano scappati. A suo avviso avrebbero dovuto ricostruire una bella struttura, ma per ora le rovine conservavano oggetti del percorso dei rifugiati: le coperte grigie, gli spazzolini da denti, le lattine di tonno vuote e le scritte in inglese sui muri delle banchine dei treni abbandonati. "Aiutami - aprite le frontiere" si legge su uno. Su un altro muro: "Sono anche una persona".
Nel magazzino Mohammed aveva imparato a farsi la barba, un rito di passaggio senza la guida di un padre o di un maschio più anziano o addirittura di un amico. Non aveva peli quando ha lasciato casa, ma adesso erano cresciuti i baffi. "Sono solo", disse. "Non ho trovato nessuno con cui posso condividere i miei sentimenti." La sua comunicazione principale era al telefono con il suo trafficante, un afghano che non aveva mai incontrato.

Mohammed è il figlio di un contadino. Non è mai andato a scuola. Suo padre ha venduto la propria terra per finanziare il viaggio di 8.000 dollari e sta prendendo prestiti per coprire le continue spese di suo figlio. Quell’investimento pesa molto su Mohammed. Vorrebbe guadagnare il denaro speso per lui e rimborsare suo padre, e magari ricomprare anche le sue terre. Al momento, però, sta aspettando un bonifico da casa per comprare un paio di scarpe. Come Emal, le sue ultime paia erano state sequestrate al confine.
Mentre parliamo, condivide i pensieri che lo avevano tenuto sveglio di notte durante il suo viaggio di 18 mesi. "Vedrò ancora i miei genitori? Un animale mi mangerà, o una macchina mi investirà, qualcuno mi sparerà o ucciderà? Cosa accadrà alla mia famiglia? Cosa gli faranno i talebani? "" Ho visto molte volte la morte ", dice. È stato derubato dell'orologio e del denaro ed è stato imprigionato in Bulgaria per sette mesi.
Solo una cosa sapeva con certezza: non voleva rimanere in Serbia. "Cosa devo fare qui?" ha detto, indicando alcuni serbi che camminavano nel parco. "Queste persone sono più povere di me. Gli afghani sono più ricchi di loro ".
Mohammed resta comunque dell’idea di arrivare in un paese dell'UE. "Ho provato più di 27 volte e sono stato deportato dalla Slovenia quattro volte. Voglio essere una buona persona. Voglio imparare qualcosa, imparare una professione. Se non riuscirò ad oltrepassare il confine, dovrò tornare in Afghanistan e sarò costretto a diventare un talebano ".


MINORI MATURATI CON L’ESPERIENZA


Delagha Qandagha, un bambino timido di otto anni, stava camminando senza meta, segnando il passo, quando lo incontrai presso il centro per rifugiati Adasevci. Un tempo adibito a motel (sulla facciata infatti ancora la vecchia insegna), Adasevci è la struttura serba più vicina al confine croato, vicino alla "giungla" di Saddam Emal. Le famiglie sono stipate nelle stanze, uomini e ragazzi ammassati in hangar coperti con teloni, bloccati da letti a castello.

Un gruppo di adolescenti e un operatore giocano fuori a pallavolo. Gli adulti si aggirano in quello che era l’atrio del motel attorno ad un hotspot Wi-Fi, mentre una bambina cammina docile con una busta di plastica in cui ha il carico da portare in lavanderia. Come la maggior parte delle ragazze rifugiate in Serbia, stava viaggiando con la sua famiglia. Saint-Lot di UNICEF sostiene che ci sono pochissime minori non accompagnate, in quanto diffusa è la minaccia di abusi sessuali nei confronti delle ragazze e anche per la cultura patriarcale conservatrice degli stati del sud asiatico e del medio oriente da cui proviene la maggior parte dei rifugiati.
Qandagha torna all'hangar, a casa sua. "Qui non c'è niente", dice. La maglietta grigia e la sciarpa nera intorno al collo non riescono molto a proteggerlo dal freddo del mattino. Gli viene la pelle d’oca, sulla sua pelle infetta dalla scabbia.
Ha lasciato Nangarhar un anno prima di arrivare lì, partito con un cugino di dieci anni e uno zio di 15 anni. Con sé non ha nulla di speciale, al di fuori dei suoi ricordi del mortaio, dei combattimenti e dei colpi dei talebani, ma anche di partitelle a cricket con gli amici e i pasti con i suoi genitori e i quattro fratelli minori. «Mi ricordo quei giorni felici», dice. "Ma qui sono triste."
Voleva arrivare in Francia perché aveva sentito da molti afghani che "in Francia c'è pace ". Anche in Serbia c’è pace in realtà, ma non rispecchia la sua immagine utopica dell'Europa.
Non aveva idea di dove fosse l'Europa prima che lui e i suoi giovani parenti intraprendessero la loro odissea, attraversando l'Iran e la Turchia fino in Bulgaria e finalmente in Serbia. Il posto più lontano da casa che aveva visitato era stato il Pakistan con suo padre, a vendere coperte.
Qandagha non aveva detto ai suoi genitori che lui suo cugino e lo zio erano stati picchiati, detenuti e derubati in Iran da "persone come i talebani, con le mitragliatrici". Né aveva detto loro che suo zio di 15 anni aveva nascosto il denaro nella biancheria intima di Qandagha, sperando che i ladri non avrebbero alzato le mani su un ragazzo piccolo e delicato. O che aveva pianto perché non voleva che la sua famiglia si preoccupasse per lui.
A Belgrado Qandagha aveva vissuto nello stesso magazzino sporco, fatiscente di Mohammed. Avevano acceso fuochi per mantenersi caldi e, dice, "i nostri volti erano neri quando ci svegliavamo la mattina".

A differenza di Saddam Emal, Qandagha non voleva partecipare al ‘gioco’. "Le strade sono chiuse. Nessuno attraversa il confine ", ha detto. A volte aveva voglia di tornare a casa. Non sapeva cosa riservasse per lui il futuro: non aveva un piano. "Niente", disse. "Ora non posso fare niente".

Autore: Rania Abouzeid
Foto:Muhammed Muheisen
Traduzione a cura di: Francesca Del Giudice e Leonardo Cavaliere

Migliaia di minori rifugiati bloccati alle porte d'Europa.

Migliaia di minori rifugiati bloccati alle porte dell'Europa. Dopo essere fuggiti dalla guerra e dalle difficoltà dei propri luog...
Di 2,2 milioni che hanno richiesto l'asilo durante la crisi migratoria che stiamo vivendo, oltre la metà, a distanza di due anni, sta ancora aspettando l’esito della propria domanda. 
 
Secondo uno studio, durante la più grande crisi dei rifugiati dalla seconda guerra mondiale, oltre 1 milione di richiedenti asilo in Europa sta aspettando di sapere se ne ha diritto o meno.
Nella prima analisi europea sullo status dei richiedenti asilo arrivati ​​in Norvegia, Svizzera e nei 28 Paesi membri dell'UE tra il 2015 e il 2016, il Pew Research Center ha stimato che più della metà si trovava nel limbo nel dicembre dello scorso anno.
La ricerca ha anche fornito i dati su ciascuno dei paesi. Tali dati mostrano come le candidature variano drammaticamente non solo in base alla nazionalità del richiedente asilo ma anche in base al paese in cui la stessa è stata presentata, con Ungheria e Grecia particolarmente lenti.
Stando ai ricercatori, secondo gli ultimi dati, aggiornati a Giugno 2017, le richieste di asilo inevase erano ancora 990.500, mentre i vari paesi cercano di smaltire il lavoro arretrato - le cui proporzioni variano notevolmente - continuano gli arrivi dei richiedenti asilo stessi.
Lo studio ha analizzato dati provenienti da Eurostat, dall'autorità europea per la statistica e da altre fonti, tra cui le ONG, per valutare quanti dei 2,2 milioni che hanno richiesto l'asilo durante il salvataggio dei migranti non hanno ancora avuto un esito alla fine dello scorso anno.
"Molti dati sono rilasciati dai singoli governi, ma sono poco integrati a quelli degli altri governi", ha dichiarato Phillip Connor, principale autore del rapporto. "Spesso, le statistiche sull'asilo ci riportano i dati solo di coloro che ce l’hanno fatta, non di quelli che ancora aspettano".
I ricercatori hanno stimato che il 52% delle domande di asilo presentate nel 2015 e nel 2016 - due anni che insieme rappresentano il 20% di tutte le domande ricevute in Europa dalla metà degli anni '80 - non erano state esitate alla fine dello scorso anno.
In circa due terzi dei casi (760.000 persone), ciò era dovuto al fatto che non era ancora stata presa alcuna decisione, mentre per il restante terzo (385.000 persone) era perché i candidati avevano fatto ricorso contro una prima decisione sfavorevole.
Lo studio ha rilevato che circa il 40% dei richiedenti ha ottenuto l’asilo (885.000) nel periodo, mentre il 3% (75.000) è tornato nel paese di origine e del 5% (100.000) non è dato sapere.
Su 16 paesi di origine, tre - Siria, Afghanistan e Iraq - hanno rappresentato il 53% di tutte le domande di asilo tra il 2015 e il 2016, mentre dei 30 paesi “ospitanti” la Germania ha ricevuto quasi la metà (45% richiedenti asilo).

Connor ha dichiarato che una delle evidenze del rapporto è che alcune nazionalità avevano "una quota molto maggiore di candidati ancora in attesa di decisioni rispetto ad altri": 89% di quelli provenienti dall'Albania, il 77% dal Kosovo, l'Afghanistan e l'Iran e più del 70% dalla Russia e la Serbia non avevano ancora ricevuto alcun tipo di risposta.

I ricercatori hanno riscontrato che molti altri richiedenti asilo specie da Pakistan, Bangladesh, Somalia, Sudan e Nigeria erano ancora in attesa di una decisione rispetto alla media, mentre solo il 20% delle 650.000 domande ricevute in Europa dai cittadini siriani non erano ancora state portate a termine.
I ricercatori hanno rilevato che le richieste dei siriani sono state lavorate in genere da uno a tre mesi durante il 2015 e il 2016 in paesi come il Belgio e la Germania, mentre i richiedenti asilo del Gambia ed Eritrea, che scappano da dittatura e da reclutamento militare forzato, dovrebbero ricevere risposte in tempi più veloci.
Indipendentemente dal paese di origine dei richiedenti asilo, i ricercatori hanno scoperto che anche la velocità con cui sono state gestite le richieste varia notevolmente in base al paese che lo ha elaborato. "Alcuni paesi sono stati molto più veloci", ha detto Collins.
In Ungheria e in Grecia, oltre il 90% delle domande di asilo presentate nel 2015 e nel 2016 non erano ancora state decise a dicembre dello scorso anno, la motivazione del ritardo, secondo i ricercatori, è dovuta alla forte disapprovazione da parte dell’opinione pubblica sulla gestione UE dei rifugiati. Tra il 60% e il 70% di tutti i candidati in Spagna, Finlandia, Austria, Norvegia, Francia e Regno Unito erano ancora in attesa di una decisione di asilo alla fine del 2016. Ma due dei principali paesi ospitanti - Germania e Svezia - si sono dimostrati molto più efficaci , valutando almeno la metà di tutte le domande ricevuto. 

Autore: Jon Henley 

In Europa più di un milione di richiedenti asilo sono lasciati in un limbo.

Di 2,2 milioni che hanno richiesto l'asilo durante la crisi migratoria che stiamo vivendo, oltre la metà, a distanza di due anni, sta ...
Oltre 100.000 minori afghani non accompagnati, quasi tutti maschi  tra i 14 ei 17 anni, hanno chiesto asilo in Europa tra il 2008 e il 2016, rendendo l'Afghanistan il primo paese di origine dei rifugiati minorenni. Mentre la Germania e la Svezia hanno ricevuto la maggior parte delle domande di asilo, l'Italia si è confermata un importante punto d'incontro e transito nel lungo viaggio verso altre destinazioni europee. 


Over 100,000 unaccompanied Afghan minors, almost all of them male and generally between 14 and 17 years of age, applied for asylum in Europe between 2008 and 2016, making Afghanistan the single largest country of origin for this group of refugees. While Germany and Sweden received by far the highest number of applications, Italy became an important staging post in the long journey to other European destinations. Its importance as a transit country has diminished in the last two years, but small numbers of minors stranded in the Balkans and Greece continue to trickle in. AAN’s Jelena Bjelica and Fabrizio Foschini have visited Rome, Trieste and Gorizia to gauge the situation for unaccompanied Afghan minors and learn about a new Italian model law for protecting them.
This research was supported by a grant by the Open Society Foundations
Afghan minors in Europe: an overview
Unaccompanied minors (classed as those under 18 years of age) from Afghanistan have filed far more asylum applications in Europe during the last two years than any other nationality, according to the European Union’s Eurostat agency. They also represented the most numerous group of any country of origin for unaccompanied minors in half of the EU member states (see here).
In 2015, 51 per cent of the over 90,000 unaccompanied minors who applied for asylum in EU member states were Afghans (45,300 individuals). More than half registered in Sweden (23,400). (See also AAN’s previous reporting on Afghan minors in Sweden here.) (1)
The following year, in 2016, the number of unaccompanied minors who applied for asylum in Europe declined by almost one third (EU countries registered 63,300 of all nationalities). Afghans made up 38 percent of the total – 24,000 applied for asylum in the EU, nearly two-thirds (15,000) of them in Germany.
The majority of the unaccompanied minors came via the Balkan route, before it was blocked by the walls and electrified fences which various countries erected and before the EU­-Turkey deal which came into force in spring 2016 and which also aimed to halt the flow of migrants (see AAN reporting herehere; and here). A smaller proportion of the total, those who did not come via Bulgaria, Macedonia or Serbia to Europe, chose to travel via Italy, as many migrants had done before the Balkan route was opened. Many hid in lorries in Patras in western Greece that were loaded onto ferries sailing to the Italian port cities of Bari, Brindisi, Ancona and Venice.
Before the Balkan route: a brief overview
Although Afghan minors had arrived in Europe in smaller numbers before 2015, it seems that 2008 and 2009 marked an increase in their numbers. In 2008, around 3,500 sought asylum in Europe and in 2009, around 6,000 (see here). (2) Many children aged 14 to 17, in the years before the opening of the Balkan route, arrived by sea, or via one of the principal smuggling routes that goes across the Mediterranean Sea to Italy.
Statistics on arrivals by sea to Italy, as well as asylum applications in Italy before 2010 are sketchy and scattered, although the general assumption is that the majority of Afghan minors who travelled by the Mediterranean route in the early 2010s continued their journey on to northern Europe, ie to the countries with stronger currencies and economies and/or more benefits for unaccompanied minor migrants; they included UK and the Scandinavian countries (a companion dispatch will be published looking at migration to and through Italy, in general). Available data shows that only one in seven (429) unaccompanied Afghan under-18s requested asylum in Italy in 2008. That was equivalent to half of the total number of children of all nationalities requesting asylum in that country. Data for 2009 and 2010 is sketchy – AAN could not find the number of unaccompanied Afghan minors’ asylum requests in Italy for these two years – but in 2010, 98 unaccompanied minors, the majority of them Afghans, arrived in Apulia, the country’s most south-easterly region, while seven landed in Calabria, in the south-west, according to the Italian ministry of the interior. In 2010, Italian authorities intercepted 389 unaccompanied Afghan minors who had landed on the shores of Apulia (265), Calabria (119) and Sicily (5), also in the south. (3)
Some of the main gathering points for Afghans arriving in Italy in 2009/2010 were the various informal settlements that had sprung up in or around Rome’s Ostiense train station (migrants had established the first settlements there in 2004/2005). Initially, the Afghans squatted in a large abandoned building nearby which lacked access to clean water and sanitation. The inhabitants gradually moved to a makeshift camp located on some abandoned railway tracks known by volunteers and civil societies as ‘la Buca’ (‘the hole’ or ‘pit’). During the winter months, those living in the camp were allowed to sleep on a platform with a roof. According to a local researcher of unaccompanied Afghan Hazara minors in Italy, between 2008 and 2010, maybe one-quarter of all Afghans transiting and temporarily living in Ostiense were minors. (4) But after the situation was perceived to have got out of control, a series of police raids in 2013 closed the informal camp down, clearing the station of migrants. (5)
In 2011 and 2012, the number of unaccompanied Afghan under-18s arriving in Italy by sea grew to 544 and 541, respectively. In 2013, their number declined to 310 (see here) and then dropped by another third (to 181) in 2014, and then, when the Balkan route opened, to a mere 38 arrivals in 2015. After its closure, however, figures started to rise again: to 134 in 2016. Then, in 2017, numbers saw a new drop (24 Afghan minors were registered between January and July), according to the Italian Ministry of Interior. Most of the new arrivals came by boats to Apulia or Calabria, some from Turkey, but the majority from the ports of Greece. (6) here) describes how hiding in lorries has resulted in the deaths of many refugees, often minors and often Afghans. They had died in the ports and on the highways of Italy, frozen to death or asphyxiated inside containers. Others were run over by trucks which they had sought to hide under or cling to. (See, for example, this news in Italian from 27 June 2017, about the death of an Afghan man inside the trailer of a lorry due to the excessive heat near Cesena, the truck had been coming from the Patras-Ancona ferry route.)
Save the Children’s latest research on unaccompanied minors in Italy (available in Italian 
Afghan minors in Italy
AAN interviewed several Afghan minors in Trieste and Rome who had reached Italy at different times. Their stories, each unique, offers and insight into what they experienced on the perilous journey and how they had sought to make new lives in Italy.
An Afghan from Kabul, A, currently living in Rome told AAN he was 14 years old when he arrived in Italy in 2009. He had left Afghanistan in 2006 and travelled for three years, spending eight months in Turkey and a year in Greece before travelling the sea route to Italy. On arrival, he was entered into a programme for minors in a small town in central Italy where he spent three years. When he got out of the project he could speak Italian relatively well and opted to stay in the country. He headed to Rome, looking for other Afghans and for a job. He was lucky: one of the teachers of a class for migrants that he attended took him under his wing. The teacher sent him to school and basically adopted him: the Afghan boy refers to him as his ‘Italian family’. Now in his early twenties, A is currently studying political science in one of Italy’s best universities, while, at the same time, working as a translator.
Another Afghan, from Nangarhar, B, who is currently living in Trieste, told AAN he left Afghanistan in 2014, and stayed in Turkey for several months, working in a plastic factory, 12 hours a day, for about 300 US dollars a month.
I came to Italy in June 2015 as an unaccompanied minor, via Turkey, Bulgaria, Romania and Hungary. I was hidden in a truck. On the Bulgarian-Rumanian border, police caught us and kept us for months in detention… Once we reached Hungary, I got into a truck again and came to Italy.
B said he was 17 and a half when he arrived in Italy, “My mother and her brother had arranged my journey from Afghanistan to Europe” (his father was dead which was why his maternal uncle and mother had decided his actions).
[My uncle] suggested that I should go to France, but after I arrived in Italy, I liked it here, so I stayed. I was enrolled in a language course, was doing sport activities and so on. They would take us for picnics to nearby cities. The teachers were nice and sympathetic and I finally got a chance to have my eye treated.
B’s right eye had been injured by a splinter from an explosion in Jalalabad years before. Not only had he lost his sight in that eye, but he also suffered terrible, recurring pain. He underwent surgery in Italy and now has a prosthetic eye and suffers almost no pain.
B said that, out of 13 Afghan minors that were admitted to the same project in 2015 for unaccompanied minors as him near Trieste, only five are left in Italy today. The rest left for other European countries.
In Trieste, AAN also interviewed another unaccompanied minor from Jalalabad. C came to Italy in early 2015, before the Balkan corridor opened. For him, Italy was his first choice. His family said it was not safe for him any longer at home and that he should leave the country. He was 15 years old when he started out from Afghanistan and spent two years in Turkey. There, he found a smuggler in one of Istanbul’s neighbourhoods. (7) After he crossed the Turkish-Bulgarian border, he took a taxi to Belgrade. He reported to Serbian police, who in turn bought him a bus tickets to the Hungarian border. He crossed into Hungary, but the Hungarian police found him and pushed him back into Serbia. He tried again and managed to cross undetected this time, using only his phone’s GPS function. From Budapest, he took a taxi to the Italian city of Udine, paying 350 USD for the ride. He was one of seven people in two taxis, each of whom paid the same amount.
C was a minor when he arrived, but did not want to tell the Italian authorities as he did not want to go to a camp for minors where his ability to move around would be restricted. He wanted to be able to start looking for jobs as soon as possible, so pretended to be older. Although, this is an opposite practice to what has been seen elsewhere – young men pretending to be underage in order to get asylum quicker and benefits such as family reunion – it is also a significant case, because it shows the range of survival strategies used by Afghan minors to find their way around Europe.
C had travelled with a group of adult men, all from eastern Afghanistan. They came via the Balkan route, arriving on Italian soil in Udine. Most of the group continued on to northern Europe, but C decided to stay in Italy. He moved to Trieste where he lived in the dilapidated part of an old port building called ‘the Silos’ for two months. In early 2015, there were almost no refugees in the Silos. During the summer of that year, numbers grew to a crowded 200 (a companion dispatch will be published looking at migration to and through Italy, in general).
Although C learned Italian and is a skilled tailor, he continues to face many problems finding employment. For the moment, he still lives in a state-sponsored reception programme, the SPRAR project. For those refugees who manage to find place in it, it extends the support given to all asylum seekers after they finish their reception programmes by an additional six months or one year (as refugees have become more numerous, such longer-term support has become rarer). C’s term in the SPRAR will expire soon, though. His next challenge is to get a driving licence to increase his chances to find work. Otherwise, like many Afghans who are jobless, he says he may have to leave Italy, after all.
Italy’s invisible minors
Some minors disappear from the system after having entered reception centres. The Italian authorities refer to them as ‘invisible minors’, ie invisible to social services and accommodation centres. Fairly detailed data from the Italian ministry of labour (available online here) shows that the number of invisible minors almost quadrupled in four years: from 1,754 at the end of 2012 to over 6,561 in 2016. Afghans make up a significant percentage of those missing minors every year. Sandra Zampa, an Italian MP in the lower house of the parliament, told AAN that some of the invisibles get pulled into petty crime, or prostitution, but most continue their journey towards northern Europe.
In 2012, according to the Italian ministry of labour, of 1,193 unaccompanied Afghan minors who were registered in reception centres, 567 went missing (see here) and in 2013, of 1,087 registered, 536 went missing (see here). (In 2014, the Italian ministry of labour changed the statistical overview in its annual report, and the breakdown of missing minors by nationality is no longer available online.)
In 2016, Save the Children reports, of the 6,561 unaccompanied minors who went missing from reception centres or other institutions, 4,753 or 72.4 per cent originated in only four countries, Afghanistan, Egypt, Eritrea and Somalia. The report points out that most Afghan, Eritrean, and Somali minors arrive in Italy with the clear aim of reaching other countries and therefore are determined to leave the reception facilities as soon as feasible. Afghans, though, according to Save the Children’s count, had the highest rate of ‘escapes’ in 2016.
Personal observation by one of the authors in the Friuli Venezia Giulia region in northern Italy which borders with Slovenia and Austria is consistent with this trend. Many Afghan minors, after arriving in the region would hesitate, even after a tiring and risky trip, to stay in Italy even after they had been promised care, reception facilities and support programmes. The more determined would carry on to their favourite destinations. Others would register with the authorities (either voluntarily or after being found by the police and forced to) and end up in facilities for minors. Then, during the first crucial week, many would run away and ‘disappear’, after having got in touch with their families or their minders (ie smugglers or smugglers’ aides) and advised to continue to countries with stronger economies, like UK and Scandinavian countries.
A new law
Afghans chose not to stay Italy mainly for economic reasons. Nevertheless, some Italian experts believe that another cause for the disappearances was the absence of a specific law protecting migrant minors in Italy. (8) This changed in March 2017 when Italy passed legislation (which had been awaiting the approval of the Italian Parliament since 2013) guaranteeing a broader set of rights for unaccompanied minors (see here and here). Also known as the ‘Zampa bill’ (after MP Sandra Zampa who strongly pushed for it), the law prescribes a nationally-uniform procedure for verifying the age and identity of minors, one which is more respectful and sensitive to their vulnerability. The new law also makes it mandatory for minors to be dealt with by specialised personnel; sets up a structured system of reception in Italy with better facilities in their first place of reception; upholds the best interests of the minor; ensures the right to healthcare of the same standard as Italian citizens get and also to education through the state school system; and gives minors’ the right to legal aid and to be heard in any judicial and administrative procedures they are involved in.
“The law automatically recognises newcomers as asylum seekers,” Zampa explained to AAN. They are first of all seen as minors and then everything else. Each municipality has an obligation to provide them with everything the new law prescribes. The law also says that no minor can be rejected on arrival.” This had been a frequent occurrence in Italy’s Adriatic ports, when under-18s would be returned to Greece or Turkey, The new law also requires the authorities to collect information about the previous life of a child, so as to be able to act in his/her best interest. If Italian embassies, which are tasked with collecting this information are unable to do so because of insecurity, as is often the case in Afghanistan, the minors cannot be repatriated.
Zampa added that what is called a guardianship system, which also existed under the old law, has been improved. “Before it was symbolic. For example, a mayor or a deputy mayor was usually named as a guardian for dozens of minors. The new law establishes a voluntary system of guardians. Citizens can register in the prefectures for a guardianship, with courts for minors supervising this issue by vetting and training candidates for the role.” Also, the law encourages the placing of unaccompanied minors in the custody of suitable relatives in Italy or other European countries or, in their absence, with foster-parents. However, Zampa added, certain bylaws are yet to be passed which means the law still requires some time to be operationalised.
Conclusion
The number of unaccompanied Afghan minors arriving by sea in Italy is on the decrease, but that of land arrivals could potentially rise again. (There is a lack of data on arrivals in north-east Italy; one exception is a two-month pilot count by the International Organisation of Migration from early 2017, see footnote 6.) The new migrants can be expected to come from the close to 7,000 people, the majority of whom are Afghans, who are currently stranded in Serbia (see also this AAN research) and from those – double that number – gathered in Greece. Italy, which has better conditions than either Serbia and Greece, could be more attractive to them. Italy is also closer to central and western Europe where most of those who have already arrived in Italy intend to go on to. France seems to be the preferred country of destination at the moment (see the companion dispatch soon to be published).
Despite all of Italy’s good intentions and the new rights it has given unaccompanied minors, many under-18s, including Afghans, may still try to ‘escape’ northwards, driven by the lure of stronger economies, rather than attracted to stay in a country that now guarantees their rights. Travelling north has become more difficult, however. Routes through Switzerland and Austria (where the deployment of troops at the Brenner Pass to stop migrants has been publicly discussed) have been blocked. Some may find out, like those AAN interviewed in Rome and Trieste, that a new life in Italy can be favourable, after all.
 Author : Fabrizio Foschini e Jelena Bjelica

(1) Breakdown of unaccompanied minors’ asylum application by EU member states and year, are available here.
(2) By 2013, the number of unaccompanied Afghan minors who applied for asylum in the EU member states dropped to about 3,200.
(3) IOM in Italy told AAN that the reason why reliable data for arrivals by sea before 2012 are unavailable stems from a change in migrants’ flow in 2012 and a subsequent change in reporting by the Ministry of Interior and by the search and rescue operations coordinated by the Coast Guard. The change in the flow of migrants could have come about because of the unrests and deteriorating security situation caused by series of protests in the North Africa and Middle East, also known as Arab Spring, which began in late 2010.
(4) The most accomplished and in-depth research on the phenomenon in Italy can be found in a PhD thesis by Francesca Grisot, available on the University of Venice’s website.
(5) In 2013, police evicted migrants around the Ostiense train station. After that, people spread around the city, sleeping in parks and elsewhere. Today, the Ostiense train station is heavily guarded, as are other main train stations in Rome, by the army and police due to fear of a terrorist attack. There is now little room for manoeuvre for those who want to sleep rough in or around the train station.
(6) IOM Italy in early 2017 decided to run a two-month period of data collection in Friuli Venezia Giulia, the region bordering Slovenia and Austria, within the Displacement Tracking Matrix (DTM) project which is active as well as in the Balkan countries and Greece. Between mid-February and mid-April 2017, IOM data collectors in the region met and collected interviews with around 140 Afghan nationals, of whom nine were male children (14 to 17 years old).
(7) Two AAN researches who visited Zeytunburn neighbourhood in Istanbul in late 2015 reported that on every corner of Zeytunburn, arrangements for journeys to Europe were being discussed. They visited several Afghan shops, restaurants and money exchangers and described discussions on how to reach Turkey’s borders and explanations of how to cross and reach particular destinations. A smuggler told the researchers that, within a few hours, he could send them to Bulgaria and within just one day to Germany. The amount he asked for an entire journey to Germany for each person was 3000 USD.
See also this AAN’s previous research about Afghan migrants in Turkey.
(8) Until March 2017, the following standards were in force in Italy: the 1989 New York Convention on the Rights of the Child, according to which unaccompanied minors have the right to a residence permit, and the Legislative Decree 268/1998 on immigration, which provides general regulations on the issue. These measures were insufficient to address the problem, since neither provided solutions for migrant minors who left reception centres.







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