«Per la prima volta, la Commissione immigrazione e la commissione welfare si sono trovate insieme per decidere di affrontare, con una regia comune, il tema più in generale dell'immigrazione e quello più specifico dei minori stranieri non accompagnati». Così il delegato Anci al welfare e sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi in apertura della prima Commissione congiunta Welfare e Immigrazione che si è tenuta ieri in Anci a cui hanno preso parte anche il delegato Anci all'immigrazione Matteo Biffoni e le presidenti delle rispettive Commissioni Edi Cicchi e Irma Melini.

Le previsioni
«Le previsioni – ha proseguito Vecchi - ci dicono che i flussi degli arrivi continueranno a crescere e questo crea la necessità di una strategia molto concreta che attiene a diversi aspetti, in primo luogo, a un efficientamento ulteriore della gestione dei primi arrivi e alla prima accoglienza, a una capacità di rafforzare ulteriormente il ruolo dei Comuni nella gestione della seconda accoglienza e alla capacità, inoltre, di rafforzare il rapporto con tutto il sistema del terzo settore nei territori per creare le condizioni affinché, oltre all'accoglienza, vi siano processi di avviamento di tipo inclusivo ad un'idea di cittadinanza più forte che coinvolga, nell'ambito dei sistemi di welfare, questi ragazzi».
Secondo Vecchi il tema dell'accoglienza richiama non solo percorsi di inclusione e integrazione nelle comunità locali ma anche alla questione delle risorse finanziarie ed umane a disposizione dei Comuni. «Credo il lavoro di oggi sia un lavoro importante perché mette a frutto un'agenda da sottoporre ai due ministeri, ai ministeri dell'Interno e del Welfare, per un lavoro che nasce da un'ampia concertazione e anche da una lucida consapevolezza di quello che è uno dei più importanti temi politici del nostro tempo», ha concluso il delegato.

La proposta
«A breve presenteremo una proposta ai ministri dell'Interno e del Welfare a cui sottoporremo le nostre proposte per mettere in fila richieste e necessità dei Comuni, al fine di arrivare a una gestione più efficace, meno emergenziale, meno costosa e soprattutto più organizzata sul tema complicatissimo dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati». Così il sindaco di Prato e delegato Anci all'Immigrazione, Matteo Biffoni nel corso dei lavori della commissione.
«La Commissione congiunta – ha continuato Biffoni - è stata una novità, in quanto Welfare e Immigrazione hanno discusso di una delle questioni più spinose e più complicate per tutti gli amministratori locali che è quella dell'accoglienza dei minori. I Comuni aspettano risposte su modalità di accoglienza, costi, responsabilità degli amministratori, strutture governative di primo livello, ampliamento dello Sprar per i minori, sostegno economico ai Comuni che svolgono questo ruolo e poi un accordo con l'Albania sempre sul tema dei minori».
«Tutti questi importanti temi messi in campo – ha ribadito Biffoni - ci permetteranno a breve di arrivare alla stesura di un documento, che insieme al presidente della Commissione welfare e sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, sottoporrò ai ministri competenti Minniti e Poletti, per mettere in fila tutte e richieste e le necessità dei Comuni emerse che nel corso del dibattito».

Il sistema di accoglienza
«Quello dei minori stranieri non accompagnati è un tema a più ampio raggio che deve essere considerato all'interno del sistema di welfare che deve essere universalista e deve dare la possibilità di gestire le problematiche dei minori in maniera sistematica», lo ha sottolineato la presidente della Commissione welfare Edi Cicchi nel corso dei lavori. La presidente ha rimarcato anche la necessità di «costruire delle reti che vanno al di là del tema dell'emergenza, si tratta di una situazione strutturale a cui bisogna dare risposte strutturate». Affrontare in modo strutturato il tema dei minori richiede però anche delle competenze specifiche «se vogliamo pensare a un progetto personalizzato dobbiamo essere in grado di dare dei servizi che rispondano a queste esigenze», ha concluso Cicchi.
Tra i temi sul tavolo del dibattito anche la necessità di avviare un piano di riparto nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri, come sottolineato dalla presidente della Commissione immigrazione Irma Melini che ha ricordato come «solo la regione Sicilia accoglie il 40% dei minori è evidente che alcune regioni, e in particolare alcune città, hanno oggi un carico che non è più sostenibile quindi bisogna necessariamente procedere al piano di riparto».
Per gestire al meglio l'accoglienza sui territori ed evitare eccessivi carichi per i Comuni diventa fondamentale affrontare anche la questione dell'accertamento dell'età dei minori e il «superamento della retta dei 45 euro» con l'obiettivo di adattarla «alle reali necessità dei territori». Rispetto all'accertamento dell'età Melini ha sottolineato la necessità «di applicare il Dpcm del 2016 che riguarda i minori stranieri vittima di tratta a tutti i minori stranieri per uniformare le procedure». I lavori si sono conclusi con l'impegno da parte delle due commissioni di avviare un tavolo tecnico con l'obiettivo di stilare un documento verso standard unici da applicare in tutte le regioni per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

Autore: Angela Gallo 
Fonte: quotidianoentilocali.ilsole24ore.com

Minori stranieri non accompagnati, Anci: «A breve proposte a ministri Interno e Welfare per un'accoglienza più organizzata e meno costosa»

«Per la prima volta, la Commissione immigrazione e la commissione welfare si sono trovate insieme per decidere di affrontare, con una regi...
Più che una città, Melilla potrebbe essere definita una frontiera che è, anche, una città. L’enclave spagnola in terra marocchina si presenta come una fortezza militarizzata circoscritta per l’intero suo perimetro da alte barriere, filo spinato e azioni di controllo e di polizia, tra le più arbitrarie e discrezionali. Il nemico numero uno di Melilla pare essere rappresentato dai migranti: migranti da tenere fuori ad ogni costo e con ogni mezzo.

La gestione delle frontiere melillesi incarna a perfezione la politica d’asilo spagnola ( e quella di esternalizzazione delle frontiere europea). Come di recente denunciato anche dal CEAR - Comisión Española de Ayuda al Refugiado- la protezione a coloro che provengono da paesi diversi dalla Siria è limitata al massimo.
Poiché ai valichi di frontiera viene consentito il passaggio verso la Spagna quasi esclusivamente ai rifugiati siriani, a quelli che provengono dall’Africa sub-sahariana non rimane che oltrepassare il confine scavalcando la recinzione multipla che lo delimita.
Tuttavia, neppure questo tentativo estremo è sufficiente a garantire l’accesso al diritto d’asilo. Infatti, la legge di sicurezza cittadina del 2015, modificando quella organica sull’immigrazione che garantiva il diritto di richiesta d’asilo nelle zone di confine, ha sancito che tutti gli ingressi effettuati attraverso i punti di frontiera diversi dai valichi ufficiali, siano da considerarsi irregolari e quindi oggetto di provvedimenti di espulsione diretta.
I cosiddetti “respingimenti a caldo”  che sono stati così legittimati da tale legge, e che sono in totale violazione con il principio di non refoulement, avvengono attraverso le porte di servizio impiegate per la manutenzione delle recinzioni che delimitano il confine. In tal modo non rimane alcuna traccia degli ingressi e delle tante persone a cui è stato negato il diritto d’asilo, de jure e de facto.

L’inespugnabilità di queste frontiere euro-africane costringe migliaia di migranti di origine sub-sahariana a tentare la ancor più pericolosa rotta della Libia oppure a vivere, anche per anni, nelle foreste di Nador, la città marocchina che confina con Melilla. Tra queste persone che vivono in condizioni estreme, nell’estenuante attesa di riuscire a fare ingresso in Europa, ci sono moltissimi minori stranieri non accompagnati.
Anche per loro l’unico modo di entrare è quello di tentare il grande salto della barriera…costi quel che costi! Considerate le violenze perpetrate dalla gendarmeria e, data la pericolosità stessa delle recinzioni metalliche (sulle quale si rischia di rimanere agganciati anche giornate intere o scenderne feriti o mutilati)  il prezzo di questi salti, spesso, risulta essere molto alto.

Si stima che i minori stranieri non accompagnati presenti a Melilla siano circa 500 e che circa un centinaio di loro viva per strada. Le ONG che lavorano sul terreno denunciano da anni il grave stato di abbandono in cui vivono.
Vengono chiamati fijos del Marruecos per via della provenienza geografica della maggior parte di loro, il cui passaggio della frontiera è agevolato dagli accordi che intercorrono tra i due stati confinanti e  che prevedono il solo possesso del passaporto. In alcuni casi questi ragazzini vengono accompagnati dagli stessi genitori che, non essendo in grado di provvedere al loro sostentamento ed istruzione, si augurano così, di garantir ai propri figli un futuro migliore in Europa.

I centri di accoglienza dedicati ai minori sono caratterizzati da condizioni di sovraffollamento e di grave mancanza di tutti quei servizi che dovrebbero essere previsti a garanzia dei loro diritti di protezione, educazione e  accompagnamento all’autonomia.
Con il pretesto di una permanenza teoricamente transitoria e funzionale al trasferimento sulla penisola iberica (e quindi all’ inserimento effettivo entro un progetto di accoglienza) a questi minori non viene garantito neanche il diritto allo studio. Anche se, in realtà, la loro permanenza a Melilla si protrae, nella maggior parte dei casi,  fino al compimento della maggiore età, quasi nessuno di loro  viene iscritto a scuola. E, una volta compiuti i diciotto anni verranno espulsi.

Tale fallace sistema di accoglienza favorisce il fenomeno dei niños della calle, i minori stranieri non accompagnati che abitano per strada.
Vivono mesi interi nella zona del porto e sperano di riuscire a raggiungere l’Europa agganciandosi o nascondendosi su uno dei  tir che si imbarca sui traghetti in partenza, ogni notte, verso Malaga.
Passano le giornate mendicando per le vie del centro e dormono nella zona della scogliera rimanendo così  esposti a qualsiasi pericolo per la loro salute e incolumità fisica, e facilmente, finiscono nelle mani della malavita locale. Non hanno accesso alle cure e vengono criminalizzati dalla comunità cittadina che li percepisce come un pericolo per la sicurezza delle strade. Per tale ragione, la Guardia Civile organizza ciclicamente delle vere e proprie retate, con tanto di impiego di elicottero, al fine di “liberare” la zona del porto dalla loro presenza e riaccompagnarli nei medesimi centri da cui sono scappati e dai quali si allontaneranno nuovamente. 
Attraverso le testimonianze raccolte dalle diverse associazioni  che si occupano di tutela dei minori, si capisce come alla base della scelta di questi ragazzi che fuoriescono dal sistema di accoglienza ci siano le insostenibili condizioni di vita nei centri, i maltrattamenti psicologici e fisici che vi vengono perpetrati e la consapevolezza di essere destinati a passare in queste strutture lunghi periodi, senza mai ricevere alcun documento e senza mai essere trasferiti sulla penisola iberica. Sono inoltre consapevoli del fatto che, quasi tutti loro, al pari dei connazionali adulti, una volta divenuti maggiorenni saranno espulsi in Marocco.

Ho incontrato i niños della calle, una sera di Marzo, unendomi ai volontari di un’associazione di Melilla che quotidianamente si occupa di andare a distribuire loro del cibo.
Ci hanno raggiunto in piccoli gruppi, fino ad arrivare ad essere circa una sessantina; tutti di un’età compresa tra i 14 e i 20 anni.
I più giovani sono stati gli ultimi ad arrivare, sembravano essere i più stanchi ed infreddoliti e dimostravano al massimo 10 anni, anche se affermavano di averne 14.
Alcuni di questi ragazzi apparivano evidentemente stremati e rimanevano in silenzio, altri si sono resi subito utili ad aiutare la distribuzione del cibo e si sono mostrati ben disposti al dialogo.
Le loro città di provenienza:  Agadir , Oujda, Fez. Il loro sogno: l’Europa del Nord, dove poter raggiungere parenti o realizzare il “business” per “diventare ricchi” e mantenere le loro famiglia in Marocco.
C’era chi prima di partire andava ancora a scuola, chi lavorava già da qualche anno oppure cercava lavoro. Parlavano del proprio paese con amore e amarezza e in molti hanno annuito alla frase di Ahmed, che ha descritto il  Marocco come “un posto bello, ma dove se non hai soldi non mangi”.
Le conversazioni con questi ragazzi duravano solo qualche minuto, era poi sufficiente un attimo di distrazione per non ritrovare più alcuni di loro e poi scorgerli nel gruppetto che si accingeva a raggiungere l’area del porto in cui sostano i tir che attendono di imbarcarsi.
Si sono allontanati in silenzio, come richiamati da un dovere, senza  neppure congedarsi prima di andare a “tentare la sorte”, forse perché fin troppo consapevoli dell'alta probabilità di dover ritornare indietro e riunirsi al gruppo.
Alcuni di loro hanno raccontato di aver provato ad imbarcarsi per ben 15 volte in 5 mesi.

La condizione di vulnerabilità in cui sono relegati i minori stranieri non accompagnati a Melilla è allarmante.
Lo scorso febbraio, l’eurodeputata Marina Arbiol ha  denunciato lo stato di abbandono e il fatto che dietro al prolungarsi dei tempi di permanenza presso le strutture di accoglienza ci sarebbe il tentativo del governo di raggiungere accordi di riammissione con il Marocco, anche per i minori stranieri non accompagnati, affermando che, quanto avviene a  Melilla è il riflesso della nefasta politica migratoria dello stato spagnolo.

Nefasta si può definire l’intera politica migratoria dell’Unione Europea, nei cui Stati e sulle cui frontiere, sempre più esternalizzate, vengono legittimate numerose prassi che ledono la dignità e il rispetto dei diritti fondamentali di donne, uomini e bambini, e che tradiscono gli stessi principi e ideali di eguaglianza, libertà e solidarietà su cui essa si fonda e per i quali è nata.
  
Giovanna Vaccaro


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Melilla, la città dai confini europei nel continente africano.

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Sottoscritto oggi a Roma, dal Capo della Polizia Prefetto Franco Gabrielli e dal Segretario Generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dott. Paolo Onelli, il Protocollo d’Intesa per la condivisione delle informazioni contenute nella banca dati del Sistema Informativo Minori (SIM) relativo a minori inseriti nello Schengen Information System II o comunque rintracciati in area Shengen o in altri paesi.
Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno e la Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali siglano un documento che permetterà uno scambio informativo e una condivisione dei dati in tempo reale con l’obiettivo di identificare rapidamente i minori stranieri non accompagnati e garantire loro una adeguata protezione nel quadro delle procedure degli accordi internazionali.
Per i profili operativi l’accordo si tradurrà in una stretta sinergia tra il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia Criminale e la Direzione Generale dell’Immigrazione e delle Politiche di Integrazione, per la condivisione delle informazioni relative ai minori.
L’attuazione del protocollo è volto ad offrire ulteriori tutele ai minori, con riferimento anche al traffico di esseri umani e allo sfruttamento nel mondo del lavoro. (Fonte GRNET.it)

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Minori stranieri non accompagnati, intesa tra il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Sottoscritto oggi a Roma, dal Capo della Polizia Prefetto Franco Gabrielli e dal Segretario Generale del Ministero del Lavor...
L’Università di Harvard ha pubblicato il rapporto “Emergency within emergency: the growing epidemic of sexual exploitation and abuse of migrant children in Greece" a firma degli studiosi Vasileia Digidiki e Jacqueline Bhabha. Lo studio del Centro per la salute e i diritti umani dell’Università americana analizza i fattori responsabili dell’esposizione dei minori rifugiati ad abusi (fisici e psicologici), stupri, matrimoni forzati e sfruttamento sessuale in Grecia, nel contesto della crisi umanitaria in corso.
I dati che hanno permesso a Vasileia Digidiki e Jacqueline Bhabha di realizzare il rapporto si basano sull'osservazione di quattro siti in Grecia, nelle isole di Lesbo e Chios e nelle città di Atene e Tessalonica, fino al mese di novembre 2016. Le fonti interpellate per la realizzazione dello studio sono funzionari governativi, volontari, psicologi, dottori e avvocati che hanno descritto i numerosi fattori di rischio della vita nei campi per i bambini, che sono quindi esposti alla possibilità di diventare vittime di tratte e di violenze fisiche e psicologiche. Le moltissime e dolorose testimonianze raccolte mettono in evidenza l'assenza di un efficace sistema di protezione per i minori non accompagnati, esponendo così i giovani migranti allo sfruttamento, anche sessuale.
Lo studio conferma quella che è purtroppo una pratica consolidata, della quale abbiamo già dato notizia nel report sulla Serbia, secondo cui i piccoli migranti vendono il proprio corpo per riuscire a sopravvivere e pagare i trafficanti affinché agevolino il loro viaggio verso la propria meta.
I minori transitati in Grecia dal 2014/15 sono circa 480mila. Il numero si è notevolmente ridotto in seguito all'accordo firmato nel 2016 tra Unione Europea e Turchia. I minori migranti rappresentano il 37% dei 173mila migranti che hanno attraversato la Grecia nel 2016. La maggior parte sono minori maschi di età superiore ai quattordici anni mentre le ragazze, in misura notevolmente minore, hanno in media un'età inferiore.
I predatori sessuali che hanno libertà di azione nella maggioranza dei campi greci sono perlopiù uomini di età pari o superiore ai trentacinque anni. “Uomini anziani offrono cibo e rifugio ai bambini. Vogliono soddisfare i bisogni basilari dei minori per avere in cambio servizi sessuali, anche se i bambini chiedono denaro”, racconta uno degli informatori. Gli incontri si svolgono in Hotel, case private e parchi pubblici e il costo di una prestazione non supera i 15€. Il tutto avviene nell’indifferenza della popolazione e delle autorità locali.

Il rapporto si conclude con raccomandazioni dettagliate sulle urgenti riforme necessarie per colmare le lacune sulla protezione, sui problemi di coordinamento e le risposte umanitarie più generali a una delle più gravi emergenze del nostro tempo.  In un’intervista al The Guardian, Jacqueline Bhabha ha detto che “È necessario che le autorità nazionali, regionali e internazionali affrontino l'emergenza della protezione dei bambini ripensando l'approccio nei confronti di una delle popolazioni migranti più vulnerabili, prevedendo l'impiego dii risorse umane e finanziarie per invertire la situazione attuale”.




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Bambini migranti costretti a prostituirsi per proseguire il viaggio verso il Nord Europa.

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La collaborazione tra il Comune e la comunità educativa Lella nella gestione dei migranti in età minorile attira il mondo accademico come esempio di buone pratiche in ambito sociale. Una ricercatrice dell’Università di Ferrara, professoressa Paola Bastianoni, interessata ad approfondire le attività svolte dalla comunità per minori che si trova a Grottammare, ha avuto modo di incontrare l’assistente sociale del Comune, dott.ssa Matilde Capretti, e conoscere il progetto “Affido consensuale omoculturale”: un’esperienza nata in seno ai servizi sociali comunali nel 2015 e di cui beneficiano 4 minori con un sensibile risparmio per le finanze dell’ente.

L’interesse della studiosa è nato nel corso di un evento formativo per addetti ai lavori, organizzato dall’ateneo ferrarese sul tema dell’accoglienza dei minori stranieri. In quella sede, è emerso che il rapporto tra la comunità Lella e il Comune di Grottammare inquadra una realtà virtuosa in Italia, capace di armonizzare le necessità dei minori con le difficoltà economico organizzative dei Comuni su cui, per legge, ricade la loro protezione.

“Affido consensuale omoculturale” vuol dire che il minore è inserito in famiglie di connazionali, preliminarmente individuate e formate, dove il bambino/ragazzo trova un appoggio e un sostegno affettivo molto utile e performante, poiché vengono annullate le problematiche che scaturiscono dalla diversità linguistica e culturale del paese d’origine, rispetto a quello di destinazione.

Il progetto, inoltre, si caratterizza per l’attivazione di percorsi misti, che mettono cioè in relazione i servizi sociali dei Comuni, le Comunità Educative e le famiglie affidatarie. In questo modo, è garantita al minore una rete sociale che lo condurrà alla gestione autonoma della propria vita, una volta maggiorenne.

“Il nostro territorio – spiega la dott.ssa Matilde Capretti– negli ultimi anni è stato fortemente caratterizzato dal fenomeno dell’arrivo cospicuo di minori stranieri non accompagnati (MSNA, ndr), espressione con la quale giuridicamente si designano i minori stranieri presenti a vario titolo sul territorio italiano (migranti, rifugiati, in stato di abbandono) ma in assenza di qualsiasi riferimento familiare (perché non reperibile o non identificabile). In aderenza a tutte le norme nazionali e internazionali, la tutela dei minori da parte delle istituzioni deve essere piena e incondizionata, per questo motivo, l’onere della tutela e dell’accoglienza di questi minori influisce notevolmente sull’organizzazione e sui bilanci dei Comuni”.

Vale la pena di rilevare che la protezione dei minori al di fuori di un progetto di affido familiare costa mensilmente circa 3000 €. Il ricorso all’affido familiare, invece, genera un risparmio del 70% per le casse comunali. (fonte TMNotizie)

Grottammare: minori stranieri, un progetto che fa ricerca. L’inserimento in famiglie di connazionali genera un risparmio del 70% per le casse comunali

La collaborazione tra il Comune e la comunità educativa Lella nella gestione dei migranti in età minorile attira il mondo accademico come...
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